LA DECISIONE DELLA CONSULTA SULL’ERGASTOLO OSTATIVO

Era molto attesa all’udienza di oggi 8 novembre presso la Corte Costituzionale per capire il futuro del dossier “ergastolo ostativo”, la pena detentiva che impedisce a determinati detenuti (specie su mafia, terrorismo, etc..) misure alternative e benefici di legge. Dopo due ore di discussione sotto l’egida della neo presidente Silvana Sciarra, la Consulta ha deciso in sostanza di rimandare gli atti del dossier nuovamente alla Cassazione per valutare gli effetti del nuovo Decreto Legge approvato dal Governo Meloni. Era infatti stata la Suprema Corte che mesi fa aveva sollevato il problema di costituzionalista circa l’articolo 41-bis dell’ordinamento penitenziario della Carta: ora sarà la stessa Cassazione, per decisione della Corte Costituzionale, a valutare nello specifico se le modifiche adottate dal Governo nel Decreto legge 31 ottobre 2022 siano idonee agli accorgimenti rilevati più di un anno fa.



«Oggetto di scrutinio sono le disposizioni che non consentono al condannato all’ergastolo per delitti di contesto mafioso, che non abbia utilmente collaborato con la giustizia, di essere ammesso al beneficio della liberazione condizionale, pur dopo aver scontato la quota di pena prevista e pur risultando elementi sintomatici del suo ravvedimento», scrive il comunicato della Corte Costituzionale in merito al dossier sull’ergastolo ostativo. Ebbene, a seguito della pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del Decreto legge numero 162 vi sono nuove disposizioni che «incidono immediatamente e direttamente sulle norme oggetto del giudizio di legittimità costituzionale, trasformando da assoluta in relativa la presunzione di pericolosità che impedisce la concessione dei benefici e delle misure alternative a favore di tutti i condannati (anche all’ergastolo) per reati cosiddetti “ostativi”, che non hanno collaborato con la giustizia». Di fatto ora con il nuovo testo derivante dalla precedente legislatura, costoro vengono «ammessi a chiedere i benefici, sebbene in presenza di nuove, stringenti e concomitanti condizioni, diversificate a seconda dei reati che vengono in rilievo». In merito alle ultime novità arrivate dal Governo Meloni, gli atti dell’intero dossier – chiarisce la Consulta – «vengono restituiti alla Cassazione, cui spetta verificare gli effetti della normativa sopravvenuta sulla rilevanza delle questioni sollevate, nonché procedere a una nuova valutazione della loro non manifesta infondatezza».



CONSULTA: “CASSAZIONE VALUTI NUOVO DECRETO SULL’ERGASTOLO OSTATIVO”. ORA COSA SUCCEDE

Erano diverse le decisioni che poteva prendere la Consulta nella riunione definitiva dell’8 novembre: poteva decidere subito se il Decreto del Governo fosse costituzionale o meno; poteva attendere la conversione del decreto in legge e solo a quel punto rinviare la decisione alla Cassazione; alla fine, i giudici della Consulta hanno optato per la scelta suggerita da diversi giuristi di rimanere gli atti del dossier sull’ergastolo ostativo alla Suprema Corte, nell’attesa che l’evoluzione parlamentare porti alla definizione finale in Parlamento del disegno di legge nato sotto il Governo Draghi dopo la decisione della Corte Costituzionale nell’aprile 2021.



Il tema dirimente rimane: secondo la Cassazione (e pure la Consulta), la mancata collaborazione, il mancato pentimento non sono di per sé un ostacolo alla concessione dei benefici penitenziari (e quindi in questo caso della liberazione condizionale): resta da capire se le novità introdotte dal Decreto Meloni (che recepisce interamente il lavoro del Governo Draghi già approvato alla Camera, con astensione all’epoca di FdI) saranno riuscite a colmare quel tema costituzionale sollevato dai giudici emeriti. Il Governo targato Centrodestra, assieme alle valutazioni del Ministro della Giustizia Carlo Nordio, è orientato a mantenere l’ergastolo ostativo con dovute precisazioni immesse nel Decreto: per ottenere i benefici gli ergastolani condannati per reati associativi «dovranno allegare l’esistenza di elementi specifici che consentano di escludere (…) sia l’attualità di collegamenti con la criminalità organizzata, sia il pericolo di ripristino di tali collegamenti, anche indiretti o tramite terzi». Non sarà possibile chiedere la libertà condizionale prima di 30 anni di detenzione e infine, si legge nel decreto, «dovranno dimostrare di aver adempiuto alle obbligazioni civili e agli obblighi di riparazione pecuniaria conseguenti alla condanna o l’assoluta impossibilità di tale adempimento».