Con la recente ordinanza in merito alla sentenza del 15 aprile 2021, la Corte Costituzionale ha ribadito l’illegittimità e l’incostituzionalità dell’ergastolo ostativo dando un anno di tempo al Parlamento per modificare la legge che ad oggi impedisce di ottenere la “libertà condizionale” per i condannati per mafia anche dopo 26 anni di pena scontata, se coloro non diventano collaboratori di giustizia (i “pentiti”). Già la scorsa settimana la reazione del Movimento 5 Stelle non fu affatto incline ad accettare le indicazioni della Consulta e oggi è l’ex Ministro della Giustizia Alfonso Bonafede a rompere il silenzio attaccando quest’ultima sentenza: «Non possiamo permetterci che l’impianto normativo fortemente voluto da Giovanni Falcone e da Paolo Borsellino per contrastare l’azione delle mafie venga gravemente indebolito. Il Parlamento non deve perdere tempo».
Nella conferenza stampa partecipano anche altri membri M5s, l’ex sottosegretario alla Giustizia Vittorio Ferraresi, Eugenio Saitta e Marco Pellegrini: «Dobbiamo essere compatti come Parlamento, perché lo Stato deve tenere altissima la guardia nella lotta contro le mafie e in questo dev’essere unito. […] La sentenza è un colpo mortale all’ergastolo ostativo».
L’ATTACCO DEL M5S E LA PROPOSTA DI LEGGE
Il Movimento 5 Stelle ripropone dunque la proposta di modifica alla legge per la quale i grillini hanno più volte invocato la collaborazione degli altri partiti: prevede che i benefici possano essere concessi agli ergastolani ostativi anche in assenza di collaborazione, «purché il condannato dimostri l’integrale adempimento delle obbligazioni civili derivanti dal reato o la assoluta impossibilità di tale adempimento, e fornisca elementi concreti, ulteriori rispetto alla regolare condotta carceraria e alla partecipazione al percorso rieducativo, che consentono di escludere l’attualità di collegamenti con la criminalità organizzata, terroristica o eversiva, e, comunque, con il contesto in cui il reato è stato commesso, nonché di escludere il pericolo di ripristino di tali collegamenti, tenendo conto delle circostanze personali ed ambientali», spiega ancora Ferraresi in conferenza stampa con l’ex Guardasigilli. La proposta punta ad “obbligare” il condannato all’ergastolo ostativo «a dimostrare di avere tagliato i collegamenti con associazioni criminali e che non ci sia il pericolo che, in futuro, possa tornare sui propri passi»: conclude Ferraresi, «È una prova molto più difficile e non basteranno una dichiarazione o la valutazione della buona condotta o il percorso rieducativo».
Come però annota il quotidiano “Il Dubbio” rispondendo alle accuse lanciate dal M5s contro la Consulta, sarebbe stato lo stesso Falcone a giudicare in vita che l’ergastolo senza condizionale «sarebbe stato incostituzionale. Il primo decreto legge del 13 maggio 1991, il numero 152, Falcone, all’epoca Direttore generale degli affari penali del ministero di Grazia e Giustizia, non aveva infatti escluso la possibilità dei benefici in assenza di collaborazione, bensì aveva allungato i termini per ottenerla. E fu solo dopo la morte di Falcone, dunque, che venne introdotto quell’automatismo oggi considerato incostituzionale dal giudice della legge».