PROCURATORE CASSAZIONE: “ERGASTOLO OSTATIVO, NORME NON RITORNINO IN CONSULTA”
Nei giorni ancora caldissimi per le tensioni degli anarchici in piazza contro 41bis per Alfredo Cospito, in vista della prossima udienza della Cassazione il procuratore generale ha richiesto che le nuove norme sull’ergastolo ostativo (Pena detentiva a vita che non prevede la possibilità di assegnare al recluso il lavoro all’esterno, la semilibertà e i benefici penitenziari) non tornino poi più in Corte Costituzionale. La sentenza della Consulta dello scorso 8 febbraio aveva stabilito di rimandare gli atti sul ricorso contro il regime di ergastolo ostativo direttamente al Tribunale di Sorveglianza in quanto la legge nel frattempo è cambiata con l’introduzione del Decreto Rave (il primo dl del Governo Meloni).
L’8 novembre 2022, la medesima Corte, aveva rimandato gli atti sull’ergastolo ostativo alla Cassazione con attesa decisione ora fissata per l’8 marzo 2023: mercoledì i giudici ermellini dovranno rivalutare la posizione di Salvatore Pezzino, il boss mafioso che col suo ricorso ha fatto dichiarare incostituzionale il “divieto di accedere ai benefici carcerari senza collaborazione con la giustizia”. Tale normativa era infatti già stata superata dal Governo Meloni, proseguendo il percorso iniziale avviato dall’esecutivo Draghi a fine legislatura: in quel Dl Rave il Ministro della Giustizia aveva inserito una seria di “paletti” da rispettare affinché anche i condannati mai pentiti potessero uscire in anticipo dal carcere o quantomeno ricevere i benefici previsti per legge.
ERGASTOLO OSTATIVO, DIFESA BOSS PEZZINO CHIEDE RINVIO ALLA CORTE: ECCO PERCHÈ
Nella requisitoria dell’accusa, i sostituti procuratori di Cassazione Pietro Gaeta e Giuseppe Riccardi sostengono che il tema sull’ergastolo ostativo non debba più tornare di fronte alla Corte costituzionale dato che la mancata collaborazione non costituisce più un fattore preclusivo alla liberazione condizionale, laddove sussistano – rileva l’ANSA su fonti della Cassazione – «in presenza dei requisiti della durata della pena espiata e del “sicuro ravvedimento”, che, in relazione ai condannati all’ergastolo per reati ostativi, comporta anche “una attiva partecipazione al percorso rieducativo” e la “mancanza attuale” di “collegamenti” con i clan, e con il “contesto” nel quale il reato è stato commesso». Secondo il pg della Cassazione dunque il ricorso del boss Pezzino va accolto rinviando la questione della concessione dei benefici al Tribunale di Sorveglianza dell’Aquila, dove si trova il carcere di detenzione del boss sotto ricorso.
Tale Tribunale avrà «l’obbligo di confrontarsi con la diversa regola di giudizio, che amplia la base cognitiva e valutativa per la concessione della liberazione condizionale, elidendo la preclusione assoluta della collaborazione mancata o impossibile: in tal senso, dovrà essere dunque valutato in concreto il percorso rieducativo del Pezzino, e l’assenza di collegamenti, attuali o potenziali, con la criminalità organizzata e con il contesto mafioso», chiosano i due procuratori della Cassazione. Chiede invece nuovo rinvio alla Corte Costituzionale l’avvoato di Pezzino, Giovanna Araniti: tale normativa emersa dal Dl Rave «maschera, in concreto, attraverso una mera facciata declamatoria de iure del superamento della presunzione assoluta, il reale intento di determinare una serie di condizioni tali da rendere davvero difficoltosa quella riducibilità dell’ergastolo ostativo, facendo rientrare, de facto, dalla finestra ciò che apparentemente era stato espunto».