Un processo per crimini di guerra può essere condotto a guerra in corso? Se lo chiede Domenico Quirico dopo la condanna all’ergastolo al soldato russo Vadim Shishimarin, che ha ucciso un civile ucraino il 28 febbraio scorso. In realtà, il giornalista non è l’unico a porsi la questione. Ci sono esperti legali in Gran Bretagna, citati dal Guardian dopo la sentenza, che hanno affermato come «giudicare i casi così rapidamente, mentre il conflitto infuria» sia «estremamente insolito». Inoltre, ritengono che ciò «potrebbe violare elementi delle Convenzioni di Ginevra». Nel caso del sergente dell’esercito russo, reo confesso e condannato all’ergastolo da una corte civile di Kiev, ci sono stati solo tre giorni di udienze. E per gli ucraini è stato il primo di una lunga serie di processi esemplari ai militari russi, contro cui sostengono di avere prove inconfutabili riguardo i loro delitti. Ma la giustizia non è vendetta, rimarca Quirico. «È legittimo processare i nemici colpevoli di crimini di guerra mentre la guerra è in corso?», si chiede sulle colonne de La Stampa.



Il rischio è che possano esserci elementi che indeboliscano quelle sentenze, è bene precisarlo, sacrosante. Sul piano della giustizia, non della politica che è altro discorso. Tralasciando il fatto che l’Ucraina, «nella giusta foga di dimostrare la ferocia dei russi», forse ha sbagliato, perché ha esposto i soldati dell’Azovstal di Mariupol a subire a loro volta un processo per ritorsione e contropropaganda, è chiaro che Kiev ha il diritto giurisdizionale di processare coloro che si macchiano di crimini di guerra sul loro territorio. Ma non è detto che un processo che si svolge in un tribunale ucraino con la guerra in corso sia regolare.



UN PROCESSO LAMPO E IL DIRITTO ALLA DIFESA

Sarebbe stato ottimale affidare i processi a una corte imparziale, strada impervia visto che Ucraina e Russia non hanno mai firmato lo stato di Roma con cui è stato istituita la Corte penale internazionale. Ma torniamo ai processi. L’imputato può citare testimoni a sua difesa? Ad esempio, un soldato russo potrebbe affermare di aver sparato perché sotto minaccia diretta e col rischio di essere giustiziato o punito dai suoi commilitoni in caso di disobbedienza, rimarca Domenico Quirico su La Stampa. Quindi, dovrebbe citare come testi quelli che erano con lui pur di provarlo. Ma è impossibile da un punto di vista pratico con la guerra in corso. I testimoni, se pure per assurdo si presentassero, verrebbero arrestati come complici e potenziali assassini. Inoltre, va tenuto conto del diritto alla difesa, riconosciuto anche ai criminali nazisti a Norimberga che ebbero infatti la facoltà di nominare avvocati scelti da loro, essendo la guerra già finita. Un avvocato ucraino assegnato d’ufficio è corretto? C’è infine un principio generale, quello dell’impossibilità di celebrare un processo equo in clima ostile.

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