Ci sono corde di metallo che risplendono in accordature ardite, casse di legno pregiato antiche che profumano di cedro come leggende perse nelle nebbie. Ci sono le voci, che tramandano storie di bellezza,pace e amore, storie antiche come l’umanità. E ci sono le stelle nelle notti fredde ma splendenti di Woodstock.

Là, dove artisti di tutti i tipi sfuggivano lo smog, il caos, le urla di New York, un’oretta di macchina e si trovavano nel profondo della foresta, nel silenzio ossigenante. Qua era ed è così bello che uno di loro, Bob Dylan ci venne a vivere, con la famiglia e un gruppo di amici che poi si sarebbero fatti chiamare The Band. Molti avrebbero fatto lo stesso, anche lui, anche Eric Andersen.



Questa preziosa raccolta di tre cd dal vivo è registrata proprio lì, con amici di ogni tipo: Happy Traum, Rick Danko, Jonas Field, John Sebastian, Garth Hudson, Eric Bazilian, la moglie Inge, Gary Burke e Robert Aaron. Un cd è tratto da una trasmissione radiofonica, uno da un webcast televisivo che si trova integrale su YouTube tenuto nel 2011 per adesso visibile gratuitamente ancora per poco poi a pagamento. E’ un evento straordinario, tutta la bellezza, la potenza e la grazia di uno dei maestri della canzone d’autore americana al massimo delle sue capacità con ospiti altrettanto di vaglia. Il primo cd invece contiene brani che vanno dal 1991 al 2003. Sei canzoni sono ripetute due volte, ma poco importa, anzi è bello sentire questa voce, una delle più belle del cantautorato americano, nel passare degli anni arricchirsi di sfumature profonde come il legno di una botte di whiskey delle Montagne degli Appalachi, vicino a Woodstock, da dove oltre al whiskey sono arrivate le canzoni della tradizione americana e che, da giovani, gente come Dylan e Andersen e Phil Ochs hanno tramutato nel nuovo canone della canzone americana.



Eric Andersen in questi tre cd incanta con le perle migliori del suo scrigno. Chiunque lo abbia visto almeno una volta dal vivo sa la bellezza dei suoi concerti, nell’intimità di piccoli club dove nessuno osa spezzare la magia di quello che avviene sul palco, e il suo caldo carisma, così elegante, così umile, mentre arrivano capolavori come Rain Fall Down in Amsterdam, Wind and Sand, Moonchild River Song, Violets of Dawn, Blue River, The Dolphins dell’amico Fred Neill. E ancora una Blue River lasciata alla voce immensa di Rick Danko, Buckets of Rain (di Dylan) che invece se ne impossessa Happy Traum voce e mandolino; la domanda sempre aperta di Is it Really Love at All e l’ingiustizia perpetrata ancora oggi in Eyes of the Immigrant, la scatenata e mai incisa Singing Man.



C’è spazio per tutti a Woodstock, amici e mogli. Joe Food, cantautore dalla lunga amicizia con Rick Danko, esegue la sua Niagara, mentre Inge, dalla voce incantevole, si propone in Betrayal, accompagnata da Artie Traum e dal marito, la cui classe immensa si evince nella pianistica Don’t Make You Sing the Blues cantata in duetto ancora con la moglie e con John Sebastian alla sua armonica leggendaria. Finendo in gloria con uno dei brani più belli di quella generazione immortale, Thirsty Boots, con John Sebastian all’armonica, Happy Traum e Inge. Lacrime, bellezza, commozione. Dove saremmo, chi saremmo senza queste persone.

Non c’è nostalgia perché ognuna di queste canzoni suona contemporanea, l’unica differenza è che non c’è più nessuno che scriva canzoni così belle.

E allora fate così. Spegnete ogni luce in casa, magari lasciate accese solo un paio di candele profumate. Prendete un bicchiere di buon whiskey, stendete le gambe, un sigaretto e lasciate scorrere questi tre cd. Le note vi porteranno in un mondo lontano dove tutto è bello e giusto e buono. E vedrete sopra di voi in una notte tersa le stelle che brillano nel cielo di Woodstock. Qualcuno vi sta aspettando.