Nella giornata in cui si ricordano i 52 anni dal terribile assassinio e tradimento di alcuni suoi “compagneros”, è tutto un profluvio di testimonianze e agiografie per “El Che”: un’icona, un mito raffigurato dalla famosa effige del fotografo Peter Korda (e diffusa dall’editore comunista Giangiacomo Feltrinelli) che si erge alla stessa stregua di Madre Teresa, Gandhi o Mandela. Verrebbe però da chiedersi se personaggi di questo calibro abbiano alle loro spalle almeno 144 omicidi commessi in prima persona. Questa cifra riguarda solo i delitti confermati ufficialmente dagli archivi del Progetto Verità e Memoria di Archivio Cuba e inchiodano Ernesto Che Guevara alla reale verità storica: eppure l’icona “copre” tutto da oltre 50 anni, senza ammettere che vi possano essere dei dubbi circa l’immagine “sacra” del mito della Rivoluzione socialista. Eppure basterebbe leggere l’autobiografia del Che, Textos Políticos, quando è proprio Guevara a scrivere «odio come fattore di lotta, l’odio intransigente contro il nemico che spinge oltre i limiti naturali dell’uomo e lo trasforma in una, violenta, selettiva e fredda macchina per uccidere». In Africa, come in Europa, il Che è venerato come un santo eppure anche qui ben poco si ricordano cosa pensava Ernesto Che Guevara nei suoi “Diari della motocicletta” in merito ai suoi viaggi in Venezuela: «i negri hanno mantenuto la loro purezza razionale grazie alla scarsa abitudine che hanno di farsi il bagno». Non serve essere anticonformisti per riflettere sul “mito” Guevara, basta sapere leggere.



“EL CHE” TRA LIBERTÀ DI STAMPA E CARCERI

Il Che è il simbolo di libertà e testimone per tutti gli oppressi del mondo”: a quanti festival, riunioni, manifestazioni eccetera si è sentito ripetere tale assunto sul Comandante Ernesto Che Guevara. Ecco, aiutandoci con il portale “Museo del Comunismo” – che riporta numerosi documenti tutt’altro che “politicamente corretti” sulla figura dell’argentino rivoluzionario – vi concediamo qualche piccola “pillola” del “Che” in merito al suo personale giudizio sulla libertà di stampa e il diritto dei carcerati. Chiaro, bisogna sempre contestualizzare in merito al periodo e ai nemici i quali si trovava a combattere, ma assumere (senza ammettere alcuna critica) che Ernesto Guevara de la Serna fu un sublime testimone della libertà è quantomeno uno sterile esercizio di “velamento” della verità storica. Che Guevara, parlando apertamente con José Pardo Llada (un giornalista cubano, ndr) ripeteva «Dobbiamo eliminare tutti i giornali; Non siamo in grado di fare una rivoluzione con una stampa libera». A livello di confronto e discussione, Che Guevara non ammetteva grandi repliche alla sua linea «I miei amici sono amici solo finché la pensano come me in politica». Sul discorso prigione e carceri, non si andava molto lontano dall’idea di Gulag e prigionia per i nemici riconosciuti della Rivoluzione comunista: oppositori costretti ai lavori forzati, critici del Comunismo sudamericano finivano in isolamento per mesi, tribunali politici che condannavano senza alcuna difesa i “nemici” e così via. Un “esempio” che, quando si vedono le effigi del Che a simbolo di “libertà” e “autonomia”, quantomeno andrebbe ripensato e studiato a fondo..



I 52 ANNI DALL’ASSASSINIO DEL “CHE”

Era il 9 ottobre 1967 quando il “comandante” rivoluzionario Ernesto “Che” Guevara de la Serna veniva assassinato dai soldati del dittatore Barrientos: sono passati 52 anni fa eppure il grido rivoluzionario-comunista che da quel giorno esplode tra reduci e nostalgici in ogni parte del mondo non si è mai spento. Tralasciando i misteri legati alla sua morte (venduto dai suoi stessi compagni? Tradito dal compagno e alleato politico Fidel Castro? Eliminato perché scomodo alla Russia sovietica?), è il senso di memoria e ricordo di quell’uomo che accese la rivoluzione a Cuba che arriva come eco fino ad oggi. Non c’è manifestazione giovanile, di centri sociali, di no-global o comunque di area sinistra che non ricordi l’effige del Comandante fucilato a 39 anni, simbolo di libertà contro le tirannie e ispiratore di ribalta sociale: ma fu solo questo? Fece scoppiare la Rivoluzione a Cuba e generò un movimento di “compagneros” che lo seguirono fino in Congo per provare a rovesciare le dittature latifondiste e i “potenti capitalisti”; ma fu appunto “ispiratore”, con il piccolo e insignificante dettaglio che spesso ci si dimentica o ci si confonde tanto da rimanere impantanati nel “grande rischio”. Quale? Ma l’ideologia, of course. Oggi tutti (o quasi, ndr) richiamano ai 52 anni di morte di Ernesto Che Guevara come un sogno che è svanito, un “gabbiano ipotetico con l’ala spezzata” (una guardati al “Qualcuno era comunista” di Giorgio Gaber datela, suvvia).



ERNESTO CHE GUEVARA: MARTIRE O CARNEFICE?

Ci si dimentica spesso come Ernesto Che Guevara ordinò durante la sua breve reggenza rivoluzionaria, centinaia di esecuzioni e tribunali politici per uccidere i nemici della Rivoluzione (come “richiama” splendidamente Nolan in una scena memorabile del capolavoro “Batman, The Dark Knight”). Due anni fa il New York Times – coraggiosamente visto che per una volta si oppose alla stucchevole ideologia “zuccherosa” pro El Che – ha stimato che nei primi due mesi della Rivoluzione cubana ci sono state circa 528 esecuzioni capitali affidate al plotone d’esecuzione del Comandante. «Abbiamo eseguito molte fucilazioni senza sapere se queste persone erano completamente colpevoli. A volte, la rivoluzione non può fermarsi per condurre le indagini», era lui stesso a dirlo, come riporta fedelmente “Il Libro nero del Comunismo”. «Non abbiamo bisogno di una prova per l’esecuzione di un uomo. Abbiamo solo bisogno della prova che è necessario giustiziarlo», osava ripetere spesso ai suoi compagni. Martire della libertà? Forse, sicuramente venne assassinato e non è mai una bella vita; eppure ogni anno, personalmente, mi trovo in difficoltà a “celebrare” una libertà così impregnata di ideologia (sua e postuma). L’ideologia di Ernesto Guevara de la Serna ha compiuto il capolavoro dei capolavori promettendo a tutti la libertà con un “sottile” prezzo da pagare: ed è lui stesso a ricordarlo (fonte ancora Il Libro nero del Comunismo) «Quello che affermiamo è che dobbiamo proseguire sulla via della liberazione, anche se questo costa milioni di vittime atomiche». Viva El Che, viva il Comunismo… ma abbasso la verità. Per lo meno, pensateci..