La Messa in latino e il Motu proprio “Traditionis Custodes” di Papa Francesco sono i protagonisti dell’articolo pubblicato da Antonio Socci sull’edizione odierna del quotidiano “Libero”, su cui viene commentata la notizia della decisione del Pontefice argentino di abrogare la liberalizzazione del 2007 del suo predecessore Benedetto XVI “per difendere l’unità del Corpo di Cristo”, in quanto “l’uso distorto che è stato fatto è contrario ai motivi che hanno indotto a concedere la libertà di celebrare la Messa con il Missale Romanum del 1962”.
Nel suo intervento giornalistico, Socci ha ricordato che Ratzinger sottolineava come, a suo modo di vedere, per la vita della Chiesa si rivelasse drammaticamente urgente un rinnovamento della coscienza liturgica, una riconciliazione liturgica, capace di tornare a riconoscere l’unità della storia della liturgia e comprendere il Vaticano II non come rottura, ma come momento evolutivo. Per Benedetto XVI, la crisi ecclesiale dipendeva in gran parte dal crollo della liturgia, che talvolta veniva addirittura concepita “come se in essa non importasse più se Dio c’è e se ci parla e ci ascolta”.
MESSA IN LATINO, SOCCI: “ERRORE DI PAPA FRANCESCO”
Come ricorda Socci su “Libero”, a proposito della Messa in latino, nel 1966 e nel 1971 uscirono due appelli pubblici in difesa della Messa tradizionale firmati da personalità come Jorge Luis Borges, Giorgio De Chirico, Elena Croce, W. H. Auden, i registi Bresson e Dreyer, Augusto Del Noce, Julien Green, Jacques Maritain, Eugenio Montale, Cristina Campo, Francois Mauriac, Salvatore Quasimodo, Evelyn Waugh, Maria Zambrano, Elémire Zolla, Gabriel Marcel, Salvador De Madariaga, Gianfranco Contini, Giacomo Devoto, Giovanni Macchia, Massimo Pallottino, Ettore Paratore, Giorgio Bassani, Mario Luzi, Guido Piovene, Andrés Segovia, Harold Acton, Agatha Christie, Graham Greene.
Tuttavia, anche se secondo Socci “c’è chi ha vissuto la Messa in latino in modo un po’ settario,
sentendosi la vera Chiesa”, è ai suoi occhi innegabile lo sbaglio dell’attuale Santo Padre: “Papa Bergoglio confonde l’effetto con la causa. A provocare il rifiuto (sbagliato) del Concilio in realtà non è il rito antico, ma casomai certe innovazioni rivoluzionarie del suo pontificato (che non c’entrano nulla col Concilio) o certi abusi nella liturgia in volgare che papa Bergoglio riconosce, ma su cui non interviene con proibizioni. La decisione di Francesco, che azzera un pilastro del pontificato di Benedetto XVI, è un doloroso errore che toglie libertà e provocherà nuove divisioni. Il papa fa il grosso regalo ai lefebvriani dell’esclusività del rito antico e di alcuni fedeli”.