A una settimana dall’esame da avvocato, quello cioè per l’abilitazione alla professione forense, non mancano le polemiche. L’impegno del ministero della Giustizia affinché la nuova modalità del doppio orale procedesse senza intoppi sono risultati vani, visto che ci sono polemiche sulle tracce, in quanto non rispetterebbero le linee guida. A denunciarlo è Claudia Majolo, presidente dell’Unione praticanti avvocati (Upa), secondo cui «molte delle tracce proposte non hanno affatto rispettato le linee guida emanate dalla Commissione centrale con riguardo alla redazione dei quesiti assegnati durante questi primi giorni d’esame». Come riportato da Il Dubbio, il riferimento è alle Corti di appello di Lecce, Salerno, Genova e Firenze. Si teme però che possa accadere lo stesso nelle prossime sedi in cui cominceranno le prove. Il ministero però aveva pubblicato sul proprio sito degli esempi di traccia per indicare la strada. Ma Majolo, che ha chiesto un incontro alla guardasigilli Marta Cartabia, evidenzia che «tracce assegnate hanno sottoposto, in alcuni casi, problematiche giuridiche attinenti a materie tassativamente escluse dalle linee guida». Queste problematiche sarebbero «potenzialmente fuorvianti per i candidati i quali, ovviamente, non si sono preparati in quelle specifiche e peculiari discipline di cui sapevano che l’analisi era da escludere».
ESAME AVVOCATO, CHIESTO INCONTRO A MINISTRO CARTABIA
Non mancano gli esempi di quesiti che i 22.786 candidati non avrebbero dovuto affrontare in quanto preventivamente esclusi. Uno di diritto civivili, ad esempio, prevedeva un soggetto assistito in condizione di curatela fallimentare, un altro di diritto penale, invece, riguardava il reato di morte o lesioni come conseguenze di altro delitto, il cui delitto presupposto atteneva al Testo unico sugli stupefacenti. Inoltre, non sarebbero state proposte tracce non proporzionate al tempo disponibile, cioè 30 minuti. In questo caso è stato fatto l’esempio della Corte d’appello di Genova che ha assegnato una traccia simile a quella della sessione del 2018 in sede di prima prova scritta in materia penale per la quale i praticanti avevano 7 ore di tempo, non 30 minuti. «La situazione è difficile, molti praticanti sono stati bocciati perché i quesiti non sono quelli previsti dalle linee guida o perché presi dal panico dinanzi a questioni impossibili da interpretare e spiegare nei pochi minuti che ci sono concessi. Sembra che i commissari non abbiano raccolto e fatte proprie le dichiarazioni della ministra Cartabia», a cui l’Unione praticanti avvocati chiede che le linee guida vengano applicate in maniera stringente e letterale.