Il colloquio, ultima prova dell’esame di maturità, è un momento significativo ma molto delicato. È una grande occasione per ogni studente e studentessa di raccontare di sé, di come in questi anni di lavoro scolastico sia cresciuta una coscienza del valore della cultura e degli strumenti per comunicarla e rinnovarla di fronte alle sfide della conoscenza e di questo tempo. Del resto ogni ragazzo e ragazza si è preparato all’esame di maturità facendo, auspicabilmente, un lavoro di sintesi, cercando di cogliere ciò che è importante e ciò che ha fatto crescere la sua persona. Il percorso delle scuole superiori ha fatto emergere in ognuno sia le sue specifiche capacità sia i suoi interessi: ogni studente ha potuto cogliere nello studio fatti e nei diversi incontri ciò che lo attrae, ciò che può indirizzarlo verso il futuro, ciò che può essere l’impegno lavorativo della vita. Il colloquio è quindi l’occasione per ogni ragazzo e ragazza di comunicare le sue conquiste, di far vedere come sia diventato capace di critica e che tipo di creatività sappia mettere in campo di fronte alle sfide e alle problematiche del reale.
Questo, non altro, dovrebbe essere il punto di vista dei giovani di fronte al colloquio. Ognuno di loro ha una o più positività da comunicare, e questo rende il colloquio un’opportunità unica. Ma perché questa occasione sia reale e sia veramente un dialogo con gli insegnanti che formano la commissione, è decisivo il modo in cui gli stessi insegnanti si mettono in rapporto con ogni candidato alla maturità.
Due dovrebbero essere i criteri con cui gli insegnanti vivono il momento del colloquio. Il primo – solo apparentemente scontato – è quello di saper ascoltare le esperienze e i giudizi degli studenti, il secondo è quello di interloquire con loro in modo da fare emergere, nel dialogo, chi sono realmente.
L’insegnante che gli studenti desiderano avere davanti è tutto teso a cogliere la loro positività e a potenziarla. Non è qualcuno che si accanisce su domande nozionistiche, con l’ansia di voler essere protagonista dell’esame; ma un insegnante che all’esame va per imparare, per scoprire ciò che di nuovo può portargli ogni studente e ogni studentessa.
Solo così l’esame sarà il momento e il luogo di una ricchezza affascinante, un vero esame, perché capace di fare emergere come un ragazzo o una ragazza di oggi, studiando, hanno scoperto la propria umanità; finalmente, la propria maturità.
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