Parlare di scuola oggi significa utilizzare procedimenti che si avvicinano alla scienza stratigrafica. Gli interventi e le novità spesso spingono a far riemergere strati normativi e/o pedagogici dopo anni o decenni di oblio. Una forma di Portfolio fu introdotta nel 2004 dalle indicazioni nazionali (decreto legislativo n. 59/2004) per raccogliere le documentazioni più significative del percorso scolastico dell’alunno, registrandone esiti e modalità di svolgimento del suo processo formativo, e accompagnandolo dalla scuola dell’infanzia fino alla conclusione del primo ciclo di istruzione per tracciare la sua “storia” e per offrirsi in ogni momento a supporto di analisi ragionate e condivise dei risultati ottenuti per i docenti, per l’alunno e per i suoi genitori.
I tradizionali documenti di valutazione personale dell’alunno, nonché la certificazione delle competenze acquisite e il consiglio d’orientamento, avrebbero dovuto convergere nel Portfolio. Dopo circa vent’anni, con le Linee guida per l’orientamento scolastico, nasce invece l’E-portfolio insieme alla piattaforma UNICA, che prevede, secondo Damiano Previtali, “la stratificazione annuale del proprio E-portfolio relativo alle competenze acquisite nei percorsi scolastici formali e informali” e che comprende anche il curricolo dello studente già attivo e previsto fin dal 2015 dalla legge della Buona Scuola da utilizzare all’esame di Stato.
Tuttavia l’esperienza dei recenti anni mostra che poco frequentemente la commissione d’esame riflette su tale curriculum in vista della prova orale. “Prevale ancora nelle commissioni una procedura legata alle conoscenze. Lo strumento informatico può rendere agevole il lavoro. Ma bisognerà vedere se i commissari, in particolare quelli interni, sapranno sfruttare l’occasione di recepire anche esperienze di carattere formativo” dice Maria Grazia Fornaroli, dirigente scolastico dell’Istituto Superiore Leonardo da Vinci di Carate Brianza. “Di sicuro i ragazzi, fuori dall’aula e dalla lezione spesso frontale, sviluppano e dimostrano competenze anche di buon livello, magari superiore di quello strettamente scolastico e che il lavoro in classe sembra non rilevare. Così in una gita o in un progetto esterno i più incerti dimostrano di risolvere problemi, organizzarsi, comunicare ovvero di muoversi nella realtà a volte più efficacemente degli allievi che riportano migliori risultati. I docenti dovrebbero cogliere questi aspetti per aiutarli in chiave orientativa e il portfolio potrebbe essere uno strumento per farlo” aggiunge Alberto Rizzi, rettore del Liceo Scientifico delle Immacolatine di Genova.
È la Ds Annamaria Coniglio, dell’IIS Firpo-Buonarroti a esprimere le sue critiche sullo strumento: “Non serve alla commissione che lo scorrerà velocemente. Non serve a chi volesse affacciarsi al mondo del lavoro, perché credo che chi assume non abbia né tempo né voglia di andarsi a scaricare il curriculum. È un ulteriore adempimento per le segreterie e per i ragazzi che non aumenta la qualità del diploma. Il fatto che questo curriculum sia informatizzato non lo rende più fruibile: come tutto il sistema informatico dell’amministrazione, sembra complicare la burocrazia invece di snellirla. È invece certamente positivo che quanto fatto scolasticamente (dagli Erasmus alle certificazioni linguistiche, PCTO e Orientamento) rimanga tracciato”.
È in parte d’accordo con lei Lisetta Viotti, dirigente del Liceo Classico D’Oria di Genova: “L’impressione che accomuna molti è che ci si accontenti della superficie e non si presti attenzione alla sostanza. Il portfolio può avere un potenziale interessante perché oggi appare assai importante una didattica orientativa rivolta ai nostri studenti e la presenza di docenti tutor, ma rischia di essere proposto in maniera poco realistica e burocratica. E anche poco chiara. Così il “capolavoro” da inserire nel portfolio ha subito suscitato perplessità e il ministero è tornato indietro sui suoi passi, perché non era previsto dal meccanismo dell’esame.”
“Ma il ministero dovrà fare chiarezza su questi strumenti che in parte si sovrappongono e rischiano di costituire un doppione” sostiene Emanuela Costa, coordinatrice del Liceo Nives di Genova Pegli. “Nell’E-portfolio potrà confluire tutto il lavoro orientativo e scolastico dello studente per la riflessione su di sé e per l’autovalutazione: la commissione d’esame nei prossimi anni non potrà non tenerne conto. È evidente che occorre un lavoro da parte dei docenti, in particolare quelli orientatori e degli studenti”.
Disincanto e desiderio di intraprendere una strada utile per orientare gli studenti di oggi che appaiono spesso incerti e confusi si mescolano negli approcci delle scuole allo strumento dell’E-portfolio. Tra due estremi, una didattica concentrata esclusivamente sulle conoscenze e un approccio che rischia di enfatizzare l’extrascolastico e ridurre il ruolo delle discipline, i docenti non riescono a intravedere lo scopo più vero del loro insegnamento e il ministero fornisce uno dei suoi troppo numerosi input, senza curarsi di osservare l’output, concentrando su scuole, dirigenti e docenti, una congerie di obblighi e documenti che si trascurano e dimenticano dopo qualche tempo. Così il portfolio è sentito come l’ennesima novità che sarà accantonata dalla prossima in arrivo, richiedendo nuovi adempimenti che non lasciano traccia nella testa e nel cuore dei ragazzi.
Del resto dal vecchio portfolio del 2004 ad oggi si sono succeduti 12 ministri dell’Istruzione, ognuno con la sua riforma decisiva, e gli insegnanti hanno gustato l’amara soddisfazione di sedersi al bordo del fiume a vedere passare il cadavere della precedente. Ma tutto questo non va a scapito dei ragazzi? E del futuro delle giovani generazioni e del nostro Paese?
— — — —
Abbiamo bisogno del tuo contributo per continuare a fornirti una informazione di qualità e indipendente.
SOSTIENICI. DONA ORA CLICCANDO QUI