Il ministro Valditara, rivolgendosi agli studenti, ha detto in merito all’esame di maturità: “Quello che è importante è l’elasticità di riflessione. Cosa vuol dire? Possedere ciò che gli anni di scuola vi hanno lasciato, aver capito e compreso, saper fare delle connessioni. Non il nozionismo”.
Quello di Valditara sull’esame di Stato è un giudizio interessante, perché il ministro dell’Istruzione sottolinea l’unico valore che può avere questo esame. Oggi infatti la maturità non serve a nulla, bisogna semplicemente passarla per continuare un percorso. A nessuno interessa il come, se non a quei ragazzi e a quelle ragazze che hanno lavorato attenti a costruire se stessi, a formare la propria personalità.
Per questi studenti e studentesse – ma dovrebbe essere così per tutti – l’esame di maturità è un mettersi alla prova: non sulle nozioni di cui sono fatte le diverse discipline, ma su come uno studente sa fare un percorso personale dentro gli ampi spazi della conoscenza. All’esame un ragazzo o una ragazza d’oggi verifica se nel sapere c’è lui o lei, se ha fatto proprie le conoscenze con quella elasticità di cui parla Valditara e che semplicemente è l’apertura della ragione e la sua capacità di riconoscere la complessità del reale.
Per questo l’esame di maturità è un’esperienza bellissima. È l’esperienza che un ragazzo o una ragazza può fare nel raccontare sé stesso, sé stessa, nel far vedere la sua capacità critica e la sua creatività. Solo così uno studente di oggi può andare all’esame libero dalla preoccupazione di sapere tutto o dalla paura di essere “beccato” su quell’argomento poco conosciuto.
Ma perché una esperienza così affascinante sia possibile, sono decisivi gli insegnanti. Valditara ha ragione, ma ciò che ha detto dovrebbe farlo sapere ad ogni commissario, così che nessuno faccia un esame nozionistico, ma sia teso a cogliere come gli studenti sono maturati nelle conoscenze che possiedono, abbiano acquisito una cultura e quindi abbiano un criterio per conoscere e valorizzare ogni ambito della realtà.
Questo aspetto, pertanto, è determinante. Cosa cercano gli insegnanti nell’esame di maturità? Le nozioni o la persona? Questo lo si vedrà in men che non si dica dentro le domande che gli insegnanti porranno: quando un insegnante chiederà della Guerra fredda, che cosa gli interesserà? Che uno studente gli dica tutti i fatti che l’hanno caratterizzata, o che dica che cosa ha maturato in lui lo studio di quel periodo?
Ma non è tutto. Paradossalmente, infatti, solo se uno studente è libero di raccontare il suo percorso l’insegnante è messo in condizione di scoprire che l’esame di maturità è utile anche a lui (o a lei). Se invece ancora una volta prevarrà il nozionismo, sarà un esame pessimo e inutile. Non ci resta che confidare in insegnanti interessati all’umanità di studenti e studentesse.
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