Nadia aveva studiato molto Ugo Foscolo, lo aveva fatto con le sue amiche, poi l’aveva ripassato per ben due volte con Roberto al Centro di aiuto allo studio.
Il risultato era stata un’interrogazione da 6 e mezzo, meno di quanto lei si aspettava, e si era messa a piangere per un risultato che non riteneva corrispondente a quello che lei aveva studiato. Oltretutto l’esame di Stato si avvicinava, e imponeva di ottenere risultati risparmiando le energie. A lei stava succedendo il contrario. Le compagne l’avevano consolata e le avevano detto che non doveva, in fondo aveva preso la sufficienza, andava bene così. Le ripetevano frasi di questo tipo invitandola a non fermarsi a quella delusione, si era tolta di dosso un’interrogazione di una certa consistenza e con un voto sufficiente, le doveva bastare.
Nadia però aveva dentro più di una semplice insoddisfazione per il voto; non è che volesse di più, lei voleva capire dove sbagliava, dove doveva migliorarsi.
Alle sue amiche aveva spiegato la domanda che la lasciava inquieta e loro le avevano ripetuto di non pensarci.
Nadia però non ci riusciva, aveva bisogno di trovare una risposta. Così era andata dalla sua prof e le aveva chiesto perché solo 6 e mezzo.
“Solo 6 e mezzo? Ma cosa dici?” le aveva risposto l’insegnante meravigliata di quella sua insoddisfazione. “Va bene il voto che hai preso, devi migliorare ancora.”
“Ma in che cosa?” aveva reagito Nadia con una certa decisione. “Mi scusi, prof, ma io ho studiato tanto, cosa manca?”
“Studi troppo a memoria. Ma non è un problema, pian piano migliorerai.”
“In che cosa?” aveva chiesto Nadia, che voleva capire. Infatti aveva aggiunto “non è per il voto, è perché voglio capire che cosa manca a me!”. Era evidente che Nadia sentiva anche la pressione dell’esame di Stato.
La prof non aveva detto altro se non di stare tranquilla che ci avrebbero lavorato insieme.
Nadia al pomeriggio era andata al centro di aiuto allo studio e aveva raccontato all’insegnante che la seguiva, Roberto, dell’interrogazione e del giudizio della sua prof.
“Che cosa devo fare?” aveva chiesto Nadia, che nel frattempo aveva superato l’insoddisfazione per un risultato al di sotto del suo impegno di studio e si era messa nella direzione di capire quale insegnamento le venisse da quell’apparente insuccesso.
“Nadia” le aveva detto Roberto “ho sbagliato anch’io a parlare e parlare di Foscolo, a riempirti di quello che conosco. Perdonami, la prossima interrogazione su che cosa è?”
“Sul romanticismo. La prof ci ha letto la poesia L’infinito di Leopardi.”
“Bene” aveva detto Roberto e aveva chiesto a Nadia l’antologia.
“Ora leggiamo la poesia, poi mi racconti che cosa dice a te. Io non ti spiego nulla, sarai tu a dirmi che cosa ti suscita.”
E così avevano fatto. Era un lavoro da fare quello provocato dal giudizio della prof, e Nadia aveva ripreso lo studio tentando di mettere in campo se stessa.
Appena ebbe letto L’infinito, Nadia si sentì senza paracadute. Non aveva in testa frasi pronte dell’apparato critico da poter utilizzare, perché Roberto le aveva sottratto il libro. Si sentì improvvisamente più libera. Che fosse quella la strada?
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