Venerdì 8 maggio la ministra Azzolina ha diffuso sui social un messaggio per gli studenti che in quest’anno scolastico particolare terminano il primo ciclo di istruzione per entrare “nella scuola dei grandi”, come afferma nel video. In giornata sono anche circolate delle bozze di ordinanze, mentre un avviso del Miur ne ha annunciato l’invio al Consiglio superiore della pubblica istruzione per il parere che precede la pubblicazione.
In attesa dei documenti definitivi (quelli cioè da cui unicamente le scuole possono trarre le indicazioni didattiche e organizzative per svolgere il loro lavoro), sento il bisogno di esprimere alcune considerazioni che mi sono venute ascoltando il messaggio trovato su Instagram in una pausa di fine giornata.
Nel messaggio la ministra dice che “entro il termine delle lezioni sarà organizzato un momento online, quindi a distanza, per la discussione di un elaborato”, il cui argomento sarà scelto insieme ai propri docenti.
Farà sorridere se dico che sentire queste parole ha evocato in me il ritornello di una canzone anni 80 (“che fretta c’era, maledetta primavera”) e mi ha messo davanti alle mille problematiche organizzative con cui le scuole – se tale rimane la scadenza fissata dall’ordinanza – dovranno fare i conti. Il punto credo sia il fatto che l’esame vero e proprio, a quanto dice nel suo messaggio la ministra, coincide quest’anno con lo scrutinio finale, e la discussione dell’elaborato deve pertanto avvenire “entro il termine delle lezioni”.
Facendo qualche sommario calcolo però, in particolare dove il numero delle sezioni delle secondarie di primo grado sia consistente (fino alla F o alla G, poniamo), anche se si decidesse di attribuire alla presentazione dell’elaborato uno spazio di 30 minuti (compresi o meno del tempo necessario alla connessione, all’attivazione dell’audio eccetera), i pomeriggi necessari ad ascoltare tutti gli alunni possono essere ben più dei 5 o 6 presenti nell’ultima settimana di scuola. Mettiamo dentro anche i sabati, ma il problema non si risolve. Usiamo le mattine: ciò significa però che la maggior parte dei docenti, impegnati nell’ascoltare gli elaborati delle classi terze, non potranno svolgere le attività di didattica a distanza (sincrone o asincrone che siano) con le altre classi in cui insegnano, cioè prime e seconde, per le quali l’anno scolastico rischia di finire ben prima del previsto con l’ulteriore conseguenza che, a settembre, si troveranno a dover consolidare o riprendere o recuperare ancora di più di quanto, in ogni caso, si sa già di dover riprendere, consolidare o recuperare.
Spostiamo indietro nel mese di maggio i colloqui online con gli alunni di terza, per usare i pomeriggi e non ledere il diritto allo studio degli altri: ciò vuol dire però che i ragazzi che terminano le medie avranno poco tempo per strutturare e consegnare l’elaborato che gli si dà la possibilità di presentare. Anche nelle terze i docenti dovranno a questo punto “fermarsi” ben presto, per dare tempo al supporto non solo offerto ma anche richiesto dagli stessi studenti per la produzione dell’elaborato.
Non è detto, nel videomessaggio della ministra Azzolina, se tale prodotto debba essere presentato di fronte al consiglio di classe in forma perfetta, cioè alla presenza di tutti i suoi componenti. Poniamo che lo sia, che debbano cioè essere presenti i docenti di tutte le discipline (come ritengo sia doveroso): permangono le problematiche presentate, con l’aggiunta di maratone online di videoconferenze da parte dei docenti di lingua straniera o delle educazioni che insegnano su più corsi, e della difficoltà di strutturare un calendario che tenga presente gli impegni di chi è in servizio su più scuole.
Un consiglio di classe “ridotto” faciliterebbe l’impresa organizzativa, ma risulterebbe iniquo nei confronti degli studenti, non solo di quelli che presentano un elaborato il cui argomento prevalente o i suoi intrinsechi o eventuali collegamenti interessino la disciplina di qualcuno che risultasse giustificatamente “assente”. Il giudizio sull’elaborato risulterebbe deprivato dell’unità di sguardo che solo un consiglio di classe unito e completo sa costruire, grazie ai contributi complementari dei docenti che ne fanno parte, tutti egualmente importanti.
Inoltre, non si può dimenticare il fatto che in molti casi le scuole, soprattutto dove il contesto socioeconomico presenta numerose criticità, non hanno ancora terminato di far fronte alla necessità di dispositivi e di connessione delle famiglie trovandosi ancor oggi nel pieno della distribuzione degli apparecchi. Hanno fornito in comodato d’uso tutti gli strumenti informatici in loro possesso, effettuato acquisti di hardware e pacchetti dati con i fondi assegnati dal ministero; hanno aderito a forme di solidarietà digitale e accolto donazioni, partecipato al rapido bando Pon “Smart class”, ma le procedure burocratiche, i necessari tempi di consegna della merce, l’attivazione degli strumenti hanno protratto in là nel tempo i contratti gratuiti per le famiglie, con il risultato che un alunno di terza potrebbe vedersi consegnare un dispositivo nell’imminenza della discussione orale, reduce dalla fatica tecnologica non tanto di creare un elaborato (il modo per superare il problema si trova, preparando un manufatto che può essere velocemente fotografato e inviato), ma di aver provato a seguire per come poteva, con gli strumenti che aveva o non aveva, le precedenti attività di didattica a distanza.
Mi fermo un attimo e butto il cuore oltre l’ostacolo.
Quello della fine del primo ciclo di istruzione è un momento importante. Già dall’inizio della terza, i ragazzi lo guardano con trepidazione mista a timore, preoccupazione, rispetto, gioia, felicità. Rappresenta un traguardo importante, quello dell’esame: è il primo della loro carriera scolastica. Il D.Lgs 62/2017 aveva indicato interessanti strade, prevedendo che nel colloquio emergessero non solo le conoscenze ma anche le competenze sviluppate dagli studenti. Abbandonando il retaggio del diminutivo “tesina”, i collegi docenti hanno trovato strade che aiutassero i ragazzi a mostrare quanto maturato in loro.
È un momento importante, quello degli esami di terza media, e sono molto contenta che anche quest’anno i miei alunni di terza abbiano la possibilità di presentare un elaborato che aiuti a vedere in modo evidente quel “qualcosa di loro” che mettono in realtà in tutte le attività che fanno tra i banchi di scuola o – come ora – dentro le piattaforme online. È un momento loro, tutto loro, che gli insegnanti (ne sono sicura) stanno preparando già da ben prima che le attività didattiche in presenza fossero sospese. L’elaborato di cui parla la ministra non è un lavoro che i nostri alunni devono improvvisare; ma sappiamo bene che l’attività dell’elaborazione (di cui un “elaborato” è appunto il frutto) richiede tempo: per esplorare, progettare, costruire, condividere; per riflettervi; perché le idee maturino e cambino, portino a miglioramenti, ripensamenti, correzioni che fanno crescere il pensiero.
Perché allora non lasciare spazio a questo tempo di costruzione? Perché non affidare, a studenti e docenti, ancora per un po’, un tempo che possa essere “insieme” su un pezzo di realtà emerso dai loro interessi e tanto più prezioso ora che la scadenza si avvicina? Un tempo che sia contemporaneamente “confronto” e “saluto” (come la ministra vorrebbe sia la discussione) da dentro il lavoro, in cammino.
Perché non riservare, a questi studenti che già soffrono di non poter salutare di persona i compagni che lasceranno per la secondaria di secondo grado, da iniziare peraltro in modalità incerte, un tempo tutto loro, con una discussione orale (online, certo) che non sia fatta in fretta “entro la fine delle lezioni” ma con più calma, in giorni dedicati, in cui i professori possano essere davvero davanti a loro e li possano ascoltare, avendo il tempo di posare lo sguardo con attenzione sui passi che hanno fatto in questi anni?
Perché, anche solo per loro e data l’eccezionalità della situazione che stiamo vivendo, non si può derogare la fine dell’anno scolastico dedicando alla discussione tempi distesi nel mese di giugno, dando reale valore al lavoro talvolta immane e sempre sorprendente che hanno fatto in questi mesi di Dad e in tutti gli anni in cui li abbiamo accompagnati?
Io credo, ne sarebbero contenti. E lo sarei anch’io, come insegnante.