Dodici bambini e ragazzi uccisi su un campo da calcio delle alture del Golan. Sono le ultime assurde vittime di una guerra che, oltre a Gaza, si sta allargando sempre di più anche in Libano, dove potrebbe esplodere e riguardare tutto il territorio nazionale. Il governo israeliano, dopo una riunione tenuta appena Netanyahu è tornato dagli USA, ha annunciato una ritorsione contro Hezbollah, additato come responsabile della vicenda, assicurando però di non volere ampliare il conflitto, anche se bisognerà vedere quanto sarà intensa la risposta e quanti morti provocherà. L’IDF (ma anche gli USA) sostiene di avere le prove che la strage è stata provocata da un razzo di fabbricazione iraniana, usato solamente dalle milizie libanesi di Hezbollah, ma gli interessati negano il loro coinvolgimento.
Come spiega Camille Eid, giornalista libanese residente in Italia, l’episodio stride, tuttavia, con il modus operandi utilizzato finora dal gruppo che fa capo a Nasrallah. Inoltre Majdal Shams, la località teatro dell’attacco, è un territorio occupato da Israele, ma in realtà è in Siria e la popolazione che ci vive è quasi tutta drusa. Non è così lineare, insomma, sostenere che si tratti di un attacco a Israele. Per il resto il conflitto a Gaza continua e le trattative per liberare gli ostaggi e per il cessate il fuoco si trascinano stancamente senza arrivare a risultati. Ora la sede sarà Roma.
Israele, dopo una riunione del gabinetto di sicurezza, ha detto che risponderà in modo deciso all’attacco sul Golan, ma cercando di evitare la guerra totale in Libano. Cosa succederà?
Hanno valutato le reazioni a un attacco generalizzato, tenendo conto del fatto che attaccare Beirut vuol dire scatenare la guerra totale, estenderla a livello regionale.
Hanno avuto paura anche di coinvolgere l’Iran?
Sì, anche se non penso potesse essere coinvolto direttamente oggi. Adesso bisogna vedere quale sarà l’ampiezza di questa reazione: se provocheranno morti potrebbe causare un’altra reazione dalla parte opposta. A Beirut la compagnia aerea libanese ha rimandato l’arrivo di alcuni voli, vuol dire che temono attacchi, anche se prendere di mira l’aeroporto sarebbe grave.
Per il tipo di attacco portato, con 12 bambini morti, gli Hezbollah stavolta sembra che abbiano voluto proprio dare il via all’escalation con il Libano. O è stato un errore?
Non ho la certezza assoluta sulle responsabilità dell’incidente, posso basarmi sui precedenti: in dieci mesi in Israele ci sono stati 30 morti (contro 530 in Libano) di cui 17 soldati e 13 civili. Hezbollah in tutti questi mesi aveva evitato di colpire civili. Poi bisogna considerare che Majdal Shams è un paese druso, sulle alture del Golan, nella parte occupata. Non si tratta, insomma, di un attacco avvenuto in Israele: è un territorio siriano occupato dagli israeliani. Senza sminuire, naturalmente, la gravità di quello che è successo, quelle causate dall’azione militare non possiamo chiamarle vittime israeliane: sarebbe come riconoscere l’annessione del Golan, che finora non è arrivata da nessuno tranne che dagli USA.
Insomma, sulla paternità dell’azione militare restano dei dubbi?
Quando Hezbollah ha fatto errori del genere in passato ha sempre presentato le sue scuse, lo stesso Nasrallah (leader del movimento, n.d.a.) ha riconosciuto l’errore. Recentemente in occasione di un attacco portato ad Arab al-Aramshe, dove viveva una comunità araba, i suoi miliziani hanno detto che volevano colpire i soldati, non la popolazione locale. Questa volta, invece, Hezbollah ha dichiarato subito che non c’entra niente. A volte ha colpito le fattorie di Sheeba e quando Israele entrava nel territorio libanese si è spinta fino al Golan, ma puntando sulle basi militari. Inoltre, a Majdal Shams, capoluogo del Golan, una città abbastanza grossa per la regione, il 95% della popolazione è drusa: rifiutano il servizio militare nell’esercito, continuano a definirsi siriani.
Vien da pensare che sia un incidente creato ad arte per avere la scusa di attaccare in Libano?
Non voglio fare il complottista, ma non lo escluderei. Molti, anche leader drusi, per questo motivo hanno chiesto una commissione di inchiesta. Una situazione che si presta a diverse riflessioni: la perdita dei civili è sempre grave, ma chi si infuria per questa incursione nel Golan dicendo che coloro che colpiscono dei bambini sono terroristi, come hanno detto diversi ministri israeliani, si scorda degli 11 mila bambini morti a Gaza, dove nello stesso giorno dell’attacco a Majdal Shams è stata colpita una scuola, causando 30 vittime.
Quali sono state le reazioni in Israele e in Libano?
Qualcuno ha chiesto la testa di Nasrallah. Il ministro israeliano dell’Energia Eli Cohen ha detto che bisogna bruciare il Libano. Gli USA premono per evitare che si arrivi alla guerra totale. In Libano, Jumblat e i leader drusi stanno invitando alla cautela, per verificare prima di tutto chi ci sia veramente dietro. Gli israeliani dicono di avere le prove della responsabilità dell’azione. Che le mostrino. Anche il segretario di Stato USA Blinken è d’accordo. Viste le alleanze di Hezbollah con l’Iran, a sua volta alleato con Assad, comunque è difficile pensare che possa attaccare un villaggio che, al di là della contesa territoriale, si sente ancora siriano.
I negoziati per la liberazione degli ostaggi e per il cessate il fuoco, intanto, proseguono, anche se i negoziatori sembrano sempre sul punto di trovare un accordo salvo poi rimangiarsi tutto. Ora ripartiranno da Roma. Perché proprio lì? L’Italia sta ritagliandosi uno spazio come intermediario?
Non so perché sia stata scelta Roma. L’Italia ha appena deciso di riprendere i rapporti diplomatici con la Siria e di mandare un ambasciatore. Se l’invito fosse partito dall’Italia la scelta di Roma potrebbe essere una sua iniziativa. Bisogna vedere se l’incontro si tiene nella capitale perché è stata chiesta ospitalità all’Italia o se c’è stata una iniziativa specifica da parte della Farnesina. Per quanto riguarda i negoziati, per come sono andati finora, sembra che non ci sia la volontà di arrivare a una conclusione. Se poi adesso si apre anche quest’altro fronte in Libano, anche la soluzione dei problemi di Gaza sarà più difficile da condurre in porto.
(Paolo Rossetti)
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