La Russia che dopo l’attentato a Mosca minaccia di rivalersi anche sull’Occidente, accusando Ucraina, USA e Regno Unito di complicità con i terroristi. Gli Stati Uniti che si dicono pronti a difendere i Paesi NATO in Europa. La tragedia della Crocus City Hall ha alzato la tensione fra le parti che si contrappongono nella guerra in Ucraina, ma il pericolo vero e proprio di un’escalation del conflitto che coinvolga altre nazioni non sembra così fondato. Quello che è in corso, osserva Gianandrea Gaiani, direttore di Analisi Difesa, è piuttosto un’operazione psicologica in stile guerra fredda per convincere l’opinione pubblica occidentale ad aumentare la spesa militare per prepararsi a ogni eventualità.
Per quanto riguarda l’attentato, invece, al di là della rivendicazione dell’ISIS, non è da scartare del tutto l’ipotesi di un coinvolgimento ucraino. In fondo, con le forze armate di Kiev combattono anche battaglioni di jihadisti ceceni che hanno la Russia come nemico comune. L’eventuale rappresaglia russa, però, non è quella che si sta sviluppando in questi giorni con i bombardamenti in Ucraina. Potrebbe colpire, invece, se fossero accertate responsabilità occidentali, le basi della CIA che, secondo il New York Times, si trovano in Ucraina al confine con la Russia.
Il segretario del Consiglio di sicurezza russo, Patrushev, parla di rappresaglie dopo l’attentato di Mosca, additando come responsabili anche ucraini e occidentali. Gli USA si dicono pronti a sostenere i Paesi NATO nel caso di attacchi russi. Siamo tornati alla tensione fra Est e Ovest che aveva caratterizzato la Guerra fredda? O stiamo correndo addirittura il pericolo di uno scontro fra russi e Occidente?
C’è un tentativo di tenere alta la tensione con la Russia. Un’operazione psicologica, di quelle che servono a influenzare l’opinione pubblica. Generalmente sono indirizzate verso il Paese nemico, in questo caso riguarda la nostra opinione pubblica, per abituare i cittadini (anche Michel ne ha parlato in ambito UE) all’idea che dovremo fare la guerra con la Russia. Un’eventualità non solo non gradita, ma neppure considerata dalla gran parte degli europei. C’è una forzatura ad aumentare gli allarmismi per una guerra NATO-Russia, anche se Borrell per l’UE e Stoltenberg per la NATO hanno dichiarato che non ci sono elementi che indichino un conflitto in vista. Si cerca di abituare la gente al concetto di guerra imminente, che è un po’ quello che succedeva durante la prima guerra fredda.
Tutto parte dal devastante attentato del 22 marzo a Mosca, ma le responsabilità di questa tragedia sono chiare o ci sono ancora delle zone grigie?
In un clima di guerra in Ucraina, che ha alle spalle i Paesi occidentali, è evidente che Kiev abbia interesse a dire che non c’entra nulla con questo attentato. Gli americani, dopo poche ore, erano già certissimi che gli ucraini non avessero responsabilità nell’episodio, che invece sarebbe da attribuire tutto all’ISIS K, mentre i russi hanno tutto l’interesse ad addebitare parte delle responsabilità all’Ucraina e ai suoi alleati. I terroristi, d’altra parte, sono stati “bravissimi” a prendere di mira persone disarmate, ma poi il piano di fuga è sembrato un po’ raffazzonato. Lo hanno fatto per denaro e non per la causa, non si sono fatti esplodere: qualche dubbio sulla matrice jihadista lo si può anche avere.
Ma alla fine è stato l’ISIS o sono stati gli ucraini?
Oggi il dibattito è centrato su questa domanda, ma le due opzioni non sono necessariamente alternative. Un’operazione del genere può essere organizzata anche dal territorio ucraino utilizzando i servizi di intelligence. Il New York Times, non Putin, ha raccontato che da anni la CIA ha 12 basi segrete in Ucraina a ridosso dei confini russi. E i terroristi si dirigevano verso il confine ucraino. Teniamo presente che l’Ucraina ha inglobato in questa guerra diversi battaglioni jihadisti, che fossero ceceni o siriani, appartenenti a gruppi che avevano grandi motivi per essere nemici di Mosca, che non ha mai smesso di prenderli di mira, dalla Siria al Caucaso. I separatisti islamici ceceni sono andati a combattere con due battaglioni contrapponendosi alle truppe cecene in prima linea dei battaglioni Akhmat di Kadyrov, che invece è legato a Putin. Kiev, già con Poroshenko, aveva accolto volontari internazionali anche da Paesi islamici e provenienti da gruppi jihadisti, ai quali aveva dato la cittadinanza.
Forse prima di dare una versione univoca dell’attentato bisogna ancora andarci piano.
Tutti usano la loro versione dell’attentato per scopi propagandistici. L’obiettivo era dimostrare ai russi che il presidente eletto con ampi consensi popolari non è in grado di proteggerli. Chi ha interesse a colpire la figura di Putin sono i jihadisti caucasici, i gruppi terroristici della Siria, ma anche gli ucraini e gli occidentali, che si aspettavano consensi più bassi per il presidente russo alle elezioni. Penso che si debba accettare il fatto che, anche se a noi non piace, Putin incontri i favori della gran parte dell’opinione pubblica russa. Comunque, la pista jihadista non è necessariamente disgiunta da quella ucraina, perché i jihadisti sono anche in Ucraina e combattono contro i russi.
Ma allora la rappresaglia annunciata dai russi contro chi sarà? E poi secondo alcuni media Biden temerebbe un attacco russo in Estonia: esiste davvero il rischio che NATO e Russia si scontrino dal punto di vista militare?
Ritengo che tutto faccia parte di questo tentativo di mobilitare l’opinione pubblica sul rischio di una guerra per abituarla alle conseguenze di questa crisi prolungata, cioè maggiori spese militari. Non credo che ci sia un interesse russo a colpire un Paese come l’Estonia. Penso che se i russi avranno raccolto prove a sufficienza sulle responsabilità, possano scatenare rappresaglie, ma il territorio più facile su cui realizzarle è proprio l’Ucraina, perché, se ha ragione il New York Times, ci sono basi segrete della CIA. Se Mosca le ritenesse coinvolte nel sostegno o fiancheggiamento dei terroristi, potrebbero colpire quelle. Non credo si arriverebbe ad attaccare un Paese NATO, perché comporterebbe un’escalation del conflitto di cui la Russia oggi non ha bisogno sul piano militare: è già abbastanza impegnata sul fronte ucraino.
Ma perché i Paesi baltici vengono sempre citati quando si paventano queste possibilità?
In questi Paesi è in atto una discriminazione delle minoranze russe, in quanto russe, che è anche una violazione grave dei principi su cui si fonda l’UE, che prevede, appunto, il rispetto delle minoranze. Una circostanza che sta creando tensioni fra Russia e Repubbliche baltiche. Faccio fatica, però, a pensare a un attacco russo in quell’area. Ci sono figure come Patrushev e Medvedev che hanno sempre svolto il ruolo di poliziotto cattivo, ed è chiaro che la Russia deve reagire all’attentato, anche gli USA lo farebbero, ma la risposta verrà valutata nel momento in cui ci saranno prove che indicano quali sono i bersagli da colpire.
La rappresaglia può anche avvenire alzando il livello dello scontro in Ucraina? Negli ultimi giorni i russi sembrano avere intensificato i bombardamenti in alcune zone come Odessa: lo fanno anche per rispondere all’attentato?
Mi sembra che ci sia un tentativo ucraino, sostenuto dall’Occidente, di far passare gli attacchi missilistici russi come una rappresaglia contro obiettivi civili; in realtà i russi raramente, se non per errore, colpiscono questi obiettivi. L’intensificazione delle operazioni su Odessa, Kharkiv e Kiev rientra in un obiettivo militare: tenere sotto pressione il fronte sud e colpire la rete di distribuzione elettrica per togliere energia all’industria bellica ucraina.
Se dovesse esserci una rappresaglia, quindi, sarà di altro tipo?
I russi hanno già colpito alcune sedi dell’intelligence ucraina; se avessero informazioni che confermano le responsabilità dei servizi segreti militari ucraini, agirebbero di conseguenza.
(Paolo Rossetti)
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