SMENTITA del 19 aprile 2020. In merito a quanto riportato nell’articolo seguente ci è giunta richiesta dall’ufficio stampa di Palazzo Chigi di pubblicazione di una precisazione il cui testo è raggiungibile cliccando qui.

A volte ritornano. Specie se non se ne sono mai andati. È il caso dei democristiani, tutti: Bruno Tabacci, Pierferdinando Casini, Lorenzo Cesa, Marco Follini e chi più ne ha più ne metta. Hanno girovagato tutti i partiti della prima e della seconda repubblica, completando le loro carriere meglio che se mamma Dc fosse sopravvissuta alle ingiurie di Tangentopoli. Adesso fiutano il cambio di passo e si riposizionano: Casini invoca il governo Draghi, Follini lancia ammiccamenti dai suoi editoriali per l’Espresso, Tabacci e Cesa marcano stretto nientemeno che il presidente del Consiglio Conte, premier grillino tendenza Bonafede divenuto – chissà perché – la guest star dei democristiani di ogni ispirazione.



A spiegare l’arcano è un Dc romano addentro ai rapporti che contano al di là del Tevere, nel magico e mitico mondo delle tonache importanti: “la curia romana si è stancata dei democristiani in perenne lite tra di loro, e guarda a Conte come a una certezza solida: è capo del governo, assicura le cose che contano, e mostra di sapersi distanziare dal grillismo populista”.



Sono prove tecniche di nuova Dc: Conte front man, cespugli democristiani ai suoi piedi, colonnelli e capetti della seconda repubblica messi in riga dall’avvocato del popolo.

Ma la carta segreta è un’altra, ed è formidabile: sulla scrivania di Rocco Casalino – vero king maker della stagione contiana – c’è una cartella siglata: “i due Gianfranco”.

Che sono veramente due: uno è Rotondi, berlusconiano doc e già noto alle cronache come tratto d’unione tra il berlusconismo moderato tendenza Letta e il governo pentastellato. Ma l’oggetto del desiderio di Conte e Casalino è un altro Gianfranco, ben più blasonato nella seconda repubblica: l’ex vicepremier Gianfranco Fini, padre della destra di governo, caduto nell’impossibile contesa con Silvio Berlusconi.



Lo schema di Casalino è sofisticato e spregiudicato: i due Gianfranco – Fini e Rotondi – dovranno recuperare il recuperabile della destra storica e del generone democristiano, e riporlo ai piedi del bisConte non più populista ma popolare e moderato.

A Conte i due notabili apriranno un’autostrada di consenso nel ceto medio moderato, una sorta di patente di immunità dal populismo.

“E in cambio cosa potranno mai chiedere?” spiega Casalino al suo inner circle. “Al massimo il ritorno in Parlamento, nascosti in qualche collegio di provincia”.

A conferma di tutto ciò vengono le notizie degli infallibili portieri milanesi: nella sede della Casaleggio Associati, a due passi dalla Scala, si è intravista una vecchia conoscenza della seconda repubblica, Giampiero Catone, braccio destro di Rotondi nella nuova Dc, ed ex segretario abruzzese di Fli, l’ultima creatura politica di Gianfranco Fini: come dire il personaggio giusto per quadrare il cerchio organizzativo del nuovo ircocervo metà democristiano e metà ex missino.

Lo schema è così preciso da lasciare un dubbio al vecchio cronista: vuoi vedere che alla fine le elezioni invocate da Salvini non siano più vicine del previsto, e che a prepararle nei minimi dettagli non sia proprio Conte?

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