Dall’inizio della pandemia le Forze armate stanno dando in una moltitudine di ruoli e funzioni un validissimo supporto al governo e soprattutto alle Regioni nel fronteggiare l’emergenza Covid. La foto dei camion dell’esercito che trasportavano le salme a Bergamo è divenuta una dei tragici simboli della prima ondata. Ma si tratta solo di un fotogramma: le Forze armate italiane hanno dato un contributo fondamentale nella costruzione di ospedali da campo, nel trasporto dei sistemi di protezione, nell’evacuazione in bio-contenimento dei malati, nel fornire personale sanitario agli ospedali; l’esercito ha messo a disposizione il suo unico ospedale militare, il Celio di Roma, trasformandolo in un ospedale Covid. Che poi in un contesto caotico e di assenza di pianificazione siano stati impiegati anche in compiti un po’ più discutibili, come quello del pattugliamento per il rispetto delle norme sul coprifuoco o la consegna dei famosi, quanti inutili, banchi a rotelle può dar fastidio ma non stupisce più di tanto. Tutti i Paesi europei quasi senza eccezioni hanno fatto largo ricorso al personale militare, attivandolo per le funzioni più disparate, dalla disinfezione dei mezzi di trasporto e degli ospizi fino alla consulenza psicologica ai cittadini in quarantena.



Nel caso italiano ci sono però due fattori che si intrecciano e spingono ad un ulteriore ricorso alle Forze armate in questa situazione d’emergenza: da un lato le falle della sanità regionalizzata di fronte alla pandemia e dall’altro la retorica sempre più spinta della funzione duale delle Forze armate.

Nel primo caso è evidente che la pandemia è sfuggita di mano a molti sistemi sanitari locali, con l’Italia che è divenuta il terzo Paese al mondo per numero di morti per abitante, e per far fronte al morbo il governo ha dovuto adottare misure restrittive tra le più severe d’Europa, pagando un prezzo economico enorme.



Nel secondo caso si tratta di una corrente di pensiero, presente sia nella società civile che nelle stesse Forze armate, e che vuole concepire i nostri soldati come uno strumento sempre meno utile dal punto di vista strettamente militare e dunque chiamato a svolgere mansioni sempre più civili, in supporto di governo e regioni quando non riescono a far fronte alle emergenze.

Eppure, dovrebbe essere chiaro a tutti che la piccolissima sanità militare non può dare alcun contributo determinante per sorreggere lo sforzo della sanità civile a far fronte alla pandemia; e che la funzione civile delle Forze armate è una funzione utile ma assolutamente residuale tra i compiti assegnati allo strumento militare, che restano la difesa dello Stato, il contributo alla sicurezza internazionale, la salvaguardia delle libere istituzioni.



Ora si sta aprendo la partita dei vaccini, su cui in molti ripongono ampie speranze per uscire dalla pandemia. È una partita importante e qui il ruolo delle Forze armate sembra essere crescente e addirittura maggiore di quanto stato sino ad oggi. Ci sono ovviamente dei buoni motivi per assegnare alle capacità logistiche e organizzative dell’esercito e delle altre Forze armate la gestione di questa delicata fase. O, semplicemente, non ci sono valide alternative. Fin qui tutto bene. Ma nel momento in cui le Forze armate sono chiamate ad essere impiegate e giudicate nell’esecuzione di un’attività per la quale non sono state concepite né addestrate, sarebbe importante che fosse fatto ben presente che questo impiego dello strumento militare è l’ennesima eccezione che non deve andare a detrimento delle funzioni principali. Si tratta cioè di un impiego sussidiario ed eccezionale e non deve in alcun modo diventare un punto di accelerazione di un processo evolutivo volto ad impoverire e demansionare le Forze armate per relegarle ad un uso interno di supporto nell’ordine pubblico, nella protezione civile o in funzioni para-sanitarie.

Certamente le Forze armate devono affrontare oggi più che mai un problema di budget e di recupero di risorse economiche per far fronte al mantenimento di capacità competitive in un contesto geopolitico altamente destabilizzato e dove sono cresciute esponenzialmente le minacce. Dopo anni di un massiccio impiego sui fronti internazionali ed un’inadeguatezza degli investimenti esse hanno accumulato un progressivo inefficientamento di molti strumenti militari. E gli anni futuri con l’impatto della pandemia sull’economia nazionale saranno ovviamente disastrosi per il budget della difesa.

La tentazione di spingere sull’acceleratore della funzione civile delle Forze armate per giustificare il proprio ruolo “sociale” e recuperare risorse economiche per la Difesa è tuttavia una strada pericolosa. Oltre ad essere sostanzialmente un inganno dei cittadini, una tale linea rischia di divenire un autogol anche dal punto di vista finanziario. Come non dar ragione a quel punto a quelle forze politiche che, come i 5 Stelle, hanno chiesto in parlamento di rimpatriare buona parte dei militari in missione all’estero per impiegare uomini e risorse economiche nel contrasto alla pandemia?

Certamente i nostri soldati devono dare il massimo supporto alle autorità civili anche nel contrasto alla pandemia, ribadendo al contempo sia al governo che all’opinione pubblica la necessità di tenere ben separato l’impiego d’emergenza con le funzioni vitali delle Forze armate che restano legate alle dinamiche della situazione internazionale e non a quelle della diffusione del virus.

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