Il Muson dei Sassi (detto così perché nel suo corso trascina rocce e, appunto, sassi) è un canale artificiale lungo circa 27 chilometri. Fu realizzato nel Seicento per deviare le acque del Musone nel Brenta. Inizia da Castelfranco Veneto e procede, pressoché rettilineo, verso sud. Attraversa i comuni di Resana, Loreggia, Camposampiero, San Giorgio delle Pertiche, Borgoricco, Campodarsego, Cadoneghe e Vigodarzere. Sfocia nel Brenta tra Vigodarzere e Mejaniga alle porte di Padova.
Con le bombe d’acqua cadute nel Veneto orientale l’altra notte, il Muson è esondato nel padovano, a Camposampiero, località Rustega, per la rottura di un argine. Circa 400 ettari di coltivazioni allagate, con i soccorritori fluviali del comando di Padova, Vicenza, Belluno e Venezia impegnati a evacuare alcune abitazioni rimaste isolate. Hanno impressionato le immagini trasmesse dei territori sommersi, ma per i padovani si tratta di una non notizia.
Non si dovrebbe fare, ma consentitemi di chiarire con un ricordo personale. Circa quarant’anni fa, anzi un po’ di più, da giovane cronista iniziai a occuparmi di Padova, e ben presto scoprii che nelle stagioni di transito, in primavera ma soprattutto in autunno, a ogni forte precipitazione quel Muson causava gli stessi guai, tanto che il nostro corrispondente da quella zona proponeva grossomodo sempre lo stesso pezzo, con solo qualche leggero aggiustamento. L’emergenza, insomma, era stabile, ciclica: mi sembrava incredibile, visto che si trattava di un canale artificiale, quindi in teoria studiato, progettato e costruito anche per sopportare eventi meteo avversi. Invece, argini deboli, quote irrisorie e mancanza di sfoghi di laminazione portavano il corso d’acqua a straripare.
Lo scorso ottobre, giusto in ricorrenza del quinto anniversario della tempesta Vaia, è entrata in funzione la cassa di espansione del Muson, un’opera costata circa 18 milioni. “Ci siamo rimboccati le maniche, abbiamo programmato e messo in campo imponenti opere di difesa idrogeologica che oggi consentono alla nostra Regione di guardare con maggiore serenità ai cambiamenti climatici e ai continui fenomeni atmosferici anche estremi che si abbattono con frequenza sui nostri territori”, disse il Governatore Zaia. Il bacino in questione è quello tra i comuni di Riese Pio X e Fonte, in provincia di Treviso: è una cassa di espansione realizzata per mettere in sicurezza i territori rivieraschi.
Vero è che in Veneto quei salvifici bacini (si parla di modello Veneto), realizzati in tempi recenti (ce ne sono molti altri in fase di progettazione), nonostante le ritrosie di alcuni sindaci, hanno scongiurato danni ben peggiori, a partire dall’inondazione di Vicenza. È però anche vero che i cerotti sugli argini insufficienti di altri corsi d’acqua, o degli stessi ma in zone diverse, a cominciare dal Muson, non possono garantire alcuna sicurezza.
L’altra notte in mezz’ora sono caduti 70 millimetri di pioggia, un evento che secondo gli esperti capita ogni 300 anni. Ma secondo il professor Marco Marani, del Dipartimento Icea dell’Università di Padova, direttore del Centro studi sugli impatti dei cambiamenti climatici “non significa, purtroppo, che potremo attendere cosi tanto prima di rivedere questo tipo di evento. Questo potrebbe realizzarsi anche in tempi più brevi, perfino il prossimo anno. Il cambiamento climatico lo renderà un evento purtroppo più frequente”.
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