Sembrano sgretolarsi sempre di più le ‘denunce’ da parte degli attivisti trans sui benefici – soprattutto collaterali – dei criticatissimi bloccanti della pubertà: farmaci usati (appunto) per interrompere lo sviluppo puberale dei minori e permettergli – una volta raggiunta la maggiore età – di intraprendere percorsi di transizioni più naturali e meno difficoltosi. Dal canto degli attivisti questi farmaci avrebbero anche il doppio effetto di ridurre il tasso di suicidi tra i minori che guardano con interessa alla transizione sessuale, ma non possono accedervi per via della minore età; mentre sempre più esperti – e a breve ci arriveremo – sostengono che questo effetto altro non sia che una narrativa ideologica, addirittura pericolosa.



L’ultima pagina di questa particolare scontro è stata scritta nel Regno Unito, dove si è recentemente insediato – dopo decenni – il primo governo Laburista (ovvero di centro-sinistra) con il nuovo ministro della Salute Wes Streeting che si è detto favorevole a continuare la ‘guerra’ aperta dal precessore Conservatore contro i bloccanti della pubertà. Allo stato attuale Streeting avrebbe solamente confermato il temporaneo stop alle somministrazioni, ma dicendosi anche pronto a renderlo strutturale.



Prevedibilmente sono insorti gli attivisti trans tra cui – cita il quotidiano La Verità – Jolyon Maugham, direttore della Good law project, che ha rispolverato la (ormai vecchia) storia secondo cui senza la triptorelina da qui a pochi mesi si registrerà un vero e proprio boom di suicidi tra i minorenni aspiranti transgender: a sostegno delle sue parole cita dei presunti “informatori” e dei dati riferiti al 2020 in mano alla clinica londinese Tavistock; ma dimentica anche di parlare di numeri veri e propri.

L’esperto smentisce gli attivisti trans: “Bloccanti della pubertà non prevengono i suicidi”

Nonostante tutto Streeting ha deciso – ascoltando la critiche di una parte della popolazione – di fare un piccolo passo indietro e pur confermando lo stop ai bloccanti della pubertà ha anche nominato un nuovissimo ‘consulente per la prevenzione del suicidio’, Louis Appleby: a quest’ultimo è stato conferito l’incarico di valutare proprio le denunce di Maugham e degli attivisti trans inglesi, calcolando la reale incidenza dei suicidi tra i minorenni che non hanno accesso alla triptorelina.



Ciò che emerge è proprio il crollo di quella narrativa ideologica di cui parlavamo in apertura in questo articolo, perché secondo il nuovo esperto del governo inglese complessivamente tra il 2018 e il 2024 – solo tra i pazienti trattati per la disforia di genere – si sono registrati 12 suicidi, la metà dei quali di persone minorenni. Ma ancora: prima del 2021 i casi erano stati ‘solamente’ 3, per poi salire a 7 negli anni successivi; e nonostante si potrebbe obiettare che un incremento post 2020 ci sia stato, bisogna tenere anche conto che negli ultimi anni il numero di persone disforiche è cresciuto esponenzialmente.

Ma Appleby non si ferma qui, perché soffermandosi sulla narrazione di Maugham – ribadendo chiaramente che “le [sue] affermazioni non sono supportate da dati” – ci tiene anche a sottolineare che questo tipo di discorso è del tutto “insensibile, angosciante e pericoloso” perché ottiene l’unico effetto di terrorizzare i giovani trans e le famiglie con “previsioni che parlano di inevitabilità del suicidio” quando – in realtà – quest’ultimo “non dovrebbe essere uno slogan o un modo per vincere le discussioni”.