Alex Bellini, esploratore nonché mental coach e attivista per l’ambiente, in una intervista a La Stampa, ha provato a raccontare ciò che ha spinto le cinque persone a bordo del Titan a effettuare un’impresa che appariva pericolosa fin dal principio. “Perché è nella natura umana la spinta a curiosare, a guardare oltre l’orizzonte. È una pulsione, talvolta ossessione, che proprio perché è dentro di noi non si ferma davanti a nulla”.



Il senso della scoperta, tuttavia, è anche ciò che ha portato l’uomo a migliorarsi. “La domanda da porsi è: sarebbe migliore il mondo se non ci fossero persone disposte anche a correre dei rischi per esplorare? Io penso di no. L’esplorazione, di qualsiasi tipo, guarda al futuro. Smettere di esplorare significa restare bloccati nel passato, facendo un torto a noi e a chi verrà dopo di noi”, ha sottolineato l’esperto.



Esploratore Bellini su Titan: “Chi era a bordo aveva messo in conto la morte”

A posteriori, è semplice dire che non ne valeva la pena. L’esploratore Alex Bellini comprende tuttavia ciò che le persone a bordo del Titan hanno provato. “L’esplorazione è stupore, è un qualcosa che ci porta più vicini al senso di meraviglia. Poi ci sono mille maniere per farlo. Quel gruppo di milionari ha scelto un modo che forse non piace a tutti, ma fermiamoci a pensare al perché lo hanno fatto. Forse questo tentativo rischioso, estremo e sfortunato ci ricorda che il successo non è spesso legato alla sensazione di dare un senso alla vita”.



Il mental coach è consapevole del fatto che queste emozioni non siano vissute soltanto dai ricchi. “Abbiamo bisogno di sognare sogni impossibili, perché poi, tornati a casa, vedremo le cose da cui siamo scappati con occhi diversi. Tutto sarà più acceso, colorato. Mettendo in conto, sì, anche la morte. Se deve accadere, che almeno ci trovi vivi”, ha concluso.