Non si vorrebbe dover scrivere di questi drammi. Prima di tutto perché non si è mai pronti a queste tragedie sul lavoro, come questa tragica esplosione della centrale idroelettrica a Suviana e come troppe ne accadono. Il timore di dire ovvietà retoriche ci affligge, se si è sinceri. Poi non si vorrebbe perché in realtà già si sanno troppe cose, identiche a mille altre già udite. E quelle che serve sapere ancora non si sanno.
Si sa ad esempio cosa diranno le autorità e i politici. Ci saranno condoglianze, vicinanza alle famiglie delle vittime, rabbia dei sindacati che minacceranno scioperi, impegni solenni a scoprire le cause. E poi ci sono già lacrime e grida di dolore che dureranno a lungo. I giornalisti partiranno a caccia dei familiari, per esibire il loro dolore o la loro rabbia. Sappiamo che subito la magistratura aprirà un’inchiesta sull’esplosione della centrale di Suviana. E molti pretenderanno verità e giustizia rapida. Tanti vorrebbero già sapere contro chi o cosa scagliare la propria indignazione. Vorrebbero che non ci fosse ombra di mistero e indeterminazione, per poter rassicurare che a noi non toccherà e quindi dire che non riaccadrà più.
Ma all’inizio, nell’ora drammatica che viviamo, mentre ancora la tragedia dell’esplosione della centrale di Suviana non è del tutto conclusa, dobbiamo accreditare la sincerità di ogni reazione. Il dolore e le preoccupazioni della premier, dei sindaci, del governatore, di ogni autorità sono autentici. Come quella di ognuno di noi. Così sappiamo per certo che già centinaia di cuori sono pronti alla gara di solidarietà, se sarà necessaria. L’Emilia-Romagna è drammaticamente allenata all’avversa sorte da un po’ di anni. Quasi un paradosso, pochi giorni fa a un convegno bolognese, col governatore Stefano Bonaccini, si registrava con qualche soddisfazione che l’Emilia-Romagna risulta al vertice nazionale della migliore dotazione infrastrutturale in quasi tutti i campi. Eppure anche qui, non in una sperduta arretrata landa del mondo, scopriamo di non essere onnipotenti. E per quanto inveiremo e pretenderemo, non saremo mai del tutto capaci in assoluto di prevenire un disastro.
Con questo non si vuole fornire alcun alibi a chicchessia. Però accade troppo di frequente di sentire sui media personaggi che sembrerebbero capaci di prevenire e mettere a posto qualsiasi vicenda. Dov’erano prima, se sapevano tante cose?
Comunque, mentre sappiamo che operosità e laboriosità non verranno meno soprattutto in queste terre e in quest’ora di prova, potrebbe esserci in tutti noi una vittima più silenziosa e tragica, in quest’Italia afflitta da mille problemi: la perdita di fiducia, l’indebolirsi della speranza, dell’energia per continuare a scommettere sul futuro. Gli indicatori ci avvertono che siamo un Paese stanco, sonnambulo, intristito e vecchio. Il cumulo delle sventure continue, come Suviana, potrebbe accrescere oltre misura l’avvilimento generale. Ma è su questo che la politica, se fosse capace di non ricadere tra poco nel gioco delle parti, strumentalizzando e avvelenando tutto, potrebbe dare un messaggio al Paese di concordia, lavoro comune, fare squadra per un bene superiore.
Tutto ciò tuttavia, passato il pur sincero dolore del momento, temiamo che non avverrà. Il teatrino di accuse e controaccuse riaprirà presto battenti. Ovunque in quest’Italia perennemente a rischio di qualche tragedia. Chi non vuole arrendersi però continuerà ad esaltarsi per tutti i luoghi e le persone in cui intercetterà speranza, solidarietà, capacità di costruire. Soprattutto dopo le ore buie delle prove e delle sconfitte. È da gente così che dovremo sempre ripartire e reimparare.
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