Dopo l’esplosione della diga di Kakhovka si è diffuso il timore di una carestia. I politici hanno lanciato l’allarme riguardo l’approvvigionamento globale di grano. Ma per due economisti agricoli, in realtà il problema è che l’Unione europea sta fallendo da sola. Anche se l’Ucraina contribuisce per circa il 15% al commercio mondiale di cereali, e la sua quota di mercato è alta anche per semi oleosi e mais, con Africa e Medio Oriente che dipendono da queste importazioni, in realtà non c’è da temere. «Ad essere onesti, non credo che l’esplosione della diga abbia peggiorato drasticamente la situazione dell’approvvigionamento globale», dichiara a Welt Sebastian Lakner, direttore del Dipartimento di Economia agraria dell’Università di Rostock, le cui ricerche si concentrano sull’analisi della produzione e dell’efficienza dell’agricoltura biologica e sullo sviluppo di una politica agricola comune per l’Ue.
Il collega ucraino Oleg Nivievskyi, preside del dipartimento di Economia agraria della Kyiv School of Economics, esperto di sviluppo rurale, mercati agricoli e alimentari, catene del valore e logistica, aggiunge: «Secondo quanto abbiamo capito finora, le aree adibite a cereali e semi oleosi che sono state colpite dall’alluvione sono circa 300mila ettari di terreno. Si tratta di circa un milione di tonnellate. Quest’anno si prevedono circa 68 milioni di tonnellate di cereali e semi oleosi. Quindi un milione non ha un ruolo così importante». L’impatto concreto che ha l’esplosione della diga di Kakhovka è sui prezzi, perché per l’Ucraina le forniture tramite quest’area sono diminuite già dopo l’inizio della guerra scatenata dalla Russia. «Non voglio minimizzare le conseguenze dell’esplosione, che sono catastrofiche. Ma direi che i grandi danni e le perdite che abbiamo osservato alle infrastrutture di esportazione erano già stati causati dalla Russia in precedenza», precisa Nivievskyi.
ESPLOSIONE DIGA KAKHOVKA E IL RUOLO DELL’UE
L’Unione europea ha il suo ruolo in questa vicenda perché, come segnalato da Sebastian Lakner nell’intervista a Welt, «si sta allontanando sempre più dal suo precedente percorso di sostegno all’Ucraina nel commercio agricolo con tutti i mezzi». Se all’inizio della guerra in Ucraina le barriere ai confini con l’Ue sono state tolte per facilitare l’esportazioni delle merci ucraine, le tariffe sul grano sono state azzerate e sono state create corsie di solidarietà per incrementare il commercio, ora pesano gli interessi particolari. «La tesi dei membri del Partito Popolare Europeo (PPE), l’associazione di tutti i partiti conservatori cristiani in Europa, provenienti dall’Europa orientale è che le esportazioni ucraine rovinerebbero i prezzi nei loro Paesi», dichiara l’economista tedesco. Ma non ci sono elementi a sostegno di questa tesi. «Piuttosto, parte del problema è che lo scorso autunno, ad esempio, il ministro degli Esteri polacco ha consigliato ai suoi agricoltori di fare scorte di grano e persino di acquistare le esportazioni ucraine perché presumeva che i prezzi sarebbero aumentati». Gli agricoltori polacchi hanno poi avuto problemi a vendere il loro raccolto. «Bruxelles ha semplicemente accettato le lamentele e limitato l’importazione di grano ucraino. E questo ha conseguenze davvero negative», attacca Oleg Nivievskyi, secondo cui la leadership europea è stata debole in questo caso. «Questo sta minando la sicurezza dell’Unione europea. Mi dispiace dirlo in modo così diretto. La Polonia, la Bulgaria, l’Ungheria, quando hanno aderito all’Unione Europea, hanno firmato per accettarne le regole. Ora non vogliono seguirle. E Bruxelles lo ha semplicemente accettato. Questa è musica per le orecchie di Putin».
“PUTIN USA ARMI E GRANO CONTRO UE”
«Putin sta cercando di fare pressione sull’UE e sul resto del mondo con ogni mezzo. Con le armi e con il grano», avverte Nivievskyi tramite Welt. Di conseguenza, si crea una situazione di incertezza. «Gli agricoltori e i partner commerciali non possono contare su canali di esportazione sicuri», aggiunge Lakner. Dunque, per gli agricoltori ucraini ciò si traduce nel rischio che il loro grano non venga esportato, però devono pagare in anticipo per la stagione successiva, acquistare sementi, fertilizzanti e pesticidi. «Ma se non sanno se venderanno il grano, non otterranno alcun prestito e il raccolto dell’anno successivo è a rischio. Il motivo per cui i raccolti ucraini sono stati così alti l’anno scorso, nonostante la guerra, è che i negoziati si sono svolti nell’anno precedente alla guerra. Ora, però, la situazione potrebbe essere molto diversa. Alla fine, sono Putin e il commercio agricolo russo a beneficiare dell’incertezza politica ed economica», prosegue l’economista tedesco.
Di fatto, l’accordo sul grano non funziona, e ciò ha effetti sui prezzi nazionali e mondiali. «I controlli alle frontiere sono uno dei problemi principali per il commercio via terra. Ogni giorno di attesa può costare tra i 450 e i 700 euro. Se si considerano i tre giorni di viaggio di andata e ritorno, il grano ucraino può diventare più costoso di 60-100 euro a tonnellata. Inoltre, alcuni camion ucraini non possono viaggiare all’interno dell’UE a causa di restrizioni legali». Infine, Nivievskyi auspica segnali forti dall’Ue: «Non credo che tutti a Bruxelles abbiano capito quale sia il segnale inviato a Putin e al resto del mondo quando la leadership di Bruxelles si mostra così debole, e cosa questo significhi per la sicurezza europea».