Esselunga, nota catena della grande distribuzione organizzata che opera nella maggior parte delle regioni italiane, è finita al centro di un’indagine mossa dalla Guardia di Finanza nel suo nucleo milanese che ha portato, in queste ore, al sequestro preventivo di circa 48 milioni di euro. L’accusa mossa, ancora in via di accertamento, sarebbe quella di frode fiscale e “somministrazione illecita di manodopera”, oltre a “sfruttamento dei lavoratori” e “ingentissimi danni all’erario”. Dal conto suo i vertici di Esselunga, con una nota pubblicata, si sono detti disponibili a collaborare con le autorità, affermando di aver agito sempre all’interno della legalità, come cercheranno di dimostrare, eventualmente, nelle sedi opportune.



Le accuse contro Esselunga: “Frode e sfruttamento”

A finire sotto la lente della Guardi di finanza è l’attuale direttore finanziario di Esselunga, Albino Rocca, oltre al sue predecessore, Stefano Ciolli, che è andato in pensione lo scorso settembre. Il reato ipotizzato è quello di dichiarazione fraudolenta per l’utilizzo di fatture e documentazione inerenti a operazioni fiscali inesistenti. Secondo la Procura si tratta di “una complessa frode fiscale caratterizzata dall’utilizzo di fatture per operazioni giuridicamente inesistenti e dalla stipula di fittizi contratti di appalto per la somministrazione di manodopera”.



Tutto ciò, ovviamente, a beneficio finale di Esselunga, che avrebbe emesso “fatture inesistenti per oltre 221 milioni di euro, più Iva superiore ai 47 milioni”. Dalla cifra stimata dell’Iva è partito il sequestro preventivo, disposto dal pm di Milano Paolo Storari, che ritiene che il marchio avvia operato in modo fraudolento per diversi anni causando “non solo il sistematico sfruttamento dei lavoratori, ma anche ingentissimi danni all’erario”. Meccanismo fraudolento, quello di Esselunga, che sarebbe ancora in corso e che prevede l’uso di società filtro che, attraverso cooperative (definite “società serbatoio”), garantiscono ilsu. Inoltre, si starebbe cercando anche di confermare il fatto che, in altri casi, i dirigenti abbiano volontaria omesso i versamenti dell’Iva, oltre agli oneri previdenziali ed assistenziali ai lavoratori effettivamente assunti.

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