«Le decisioni politiche difficili richiedono l’esercizio di una coscienza ben formata coadiuvata dalla prudenza». Così si legge in un documento di due pagine pubblicato sul sito Faithful Citizenship dei vescovi statunitensi, facendo riferimento a un più lungo documento, Forming Consciences for Faithful Citizenship (Formare le coscienze per una cittadinanza di fede), che viene aggiornato in ogni anno di elezioni presidenziali.
La maggior parte della gente si butta nella mischia del dibattito politico puntando l’attenzione su singole questioni o personalità, o su entrambe. Questo atteggiamento è certamente incoraggiato dai media laici, con la loro costante enfasi sui quotidiani contrasti e malignità e le frequenti classifiche di chi è in vantaggio e con quale percentuale. In realtà gran parte di questo conta ben poco. In queste ultime settimane prima delle elezioni, i candidati cercheranno di aggiustare e ridefinire le loro posizioni fondamentali per attrarre gli elettori ancora indecisi. Senza grandi rivelazioni, gli eventi di queste ultime settimane, dibattiti compresi, ci dicono molto poco su cosa farebbero effettivamente questi uomini se fossero eletti. Il modo in cui hanno votato, i loro discorsi all’inizio della attuale campagna o in precedenti, le interviste concesse quando ancora erano aspiranti candidati nelle primarie, possono dirci di più.
Mentre il circo politico sembra interessante e attraente – e i media lo fanno apparire come veramente importante – il processo per preparare mentalmente e spiritualmente al voto è difficile, lento e forse noioso (almeno per chi ascolta). Eppure la nostra fede ci chiama a farlo.
Dai tempi della famosa domanda di Ronald Reagan “State meglio ora o quattro anni fa”, la retorica della vita pubblica americana è fondata su un forte senso del bene individuale. Suppongo si presuma che ogni persona, votando per le proprie esigenze, finirà per produrre un risultato positivo ed efficace per il bene comune. Questo è un approccio fondamentalmente scorretto. Prima di tutto ci sono molti soggetti nella società – bambini, compresi quelli non ancora nati, i malati di mente, anziani vulnerabili e molti disabili – che non saranno in grado di dare voce ai propri bisogni o votare per essi.
Ancora più importante è il livello di interdipendenza, che solo pochi cittadini riconoscono: azioni politiche che sembrano offrire benefici immediati potrebbero invece, nel lungo termine, rivelarsi dannose.
L’errore fondamentale, tuttavia, consiste nel non dare priorità al bene comune rispetto a quello individuale. I cristiani sono chiamati a lavorare per il bene comune e i cattolici a esercitare un’opzione preferenziale per i poveri e i più deboli. È un compito difficile che richiede lo sviluppo di una conoscenza e di una coscienza dei bisogni di persone molto diverse da noi e che richiede di considerare questi bisogni molto più importanti dei nostri.
«Come cattolici noi non votiamo sulla base di una sola questione» dicono i vescovi «Può capitare che i cattolici possano scegliere modalità diverse per rispondere ai problemi sociali» Tuttavia il documento non suggerisce che qualunque candidato sia una scelta giusta, purché noi si abbia buone ragioni per votarlo. No, piuttosto abbiamo l’obbligo di prepararci per poter prendere la giusta decisione.
Cosa ci vuole per questo? La volontà di leggere e capire veramente la bellezza degli insegnamenti sociali della Chiesa e accettare quanto chiedono alla nostra vita e al nostro voto. L’uso analitico e razionale della propria mente per esplorare il carattere e le posizioni dei candidati, non quindi il loro ultimo spezzone di discorso, ma la traiettoria della loro vita e delle loro azioni.
Infine, questa noiosa virtù proposta dai vescovi: la prudenza. “La prudenza forma e informa la nostra capacità di decidere sulle alternative a disposizione, di determinare quale è più idonea a un contesto specifico, e di agire. Poiché i cattolici cercano di promuovere il bene comune, noi dobbiamo attentamente discernere quali politiche pubbliche siano moralmente salde.” (Conferenza Episcopale degli Stati Uniti)
Non è troppo tardi per iniziare questo processo per apprendere la prudenza e formare la coscienza, ma per far questo occorre distogliere l’attenzione dalla gara in corso nella campagna elettorale. Piuttosto, sono necessari sia lo studio dei vari aspetti degli insegnamenti della Chiesa e di una posizione contemplativa pronta a sentire la voce di Dio, accettare la Sua guida e scegliere con coraggio per la realtà di Dio, non per quella minore di un partito o di un’ideologia politici.
La speranza e la promessa dei vescovi statunitensi, nel fornire questi documenti, non è che le decisioni diventino facili e cristalline. Piuttosto vogliono fornirci gli strumenti e la guida spirituale affinché la nostra partecipazione alle elezioni di quest’anno diventi parte della nostra vita di discepoli e un ulteriore modo di cercare di essere vicini a Cristo. Che possa essere così.