È arrivata sulla scena politica come una cometa, brillante, un segno di speranza. Ma poi, come una cometa, si è frammentata in migliaia di pezzi, il fuoco spento.
Sarah Palin è una bella donna: alta, sicura di sé, una brava comunicatrice. Ormai la sua storia è ben nota: cinque figli, di cui uno con la sindrome di Down; cacciatrice di alci, ex-giocatrice di basket soprannominata “Barracuda.”  La governatrice dell’Alaska ha esperienza esecutiva ed è simpatica, molto simpatica. La prima volta che la vedo, sono più che entusiasta. Rido con gioia a questa scoperta: una donna moderna, cristiana, con un carattere forte.



Ma prima ancora di riuscire  a leggere i pochi articoli scritti su di lei prima del debutto nazionale, viene annunciato che sua figlia di 17 anni è incinta. Tutti i personaggi di destra spiegano che “sono cose che succedono nelle famiglie.” Ma perchè gli stessi personaggi, pochi mesi prima, davano la colpa ai genitori quando Jamie Lynn Spears, sorella di Britney, è rimasta incinta? E, peggio, fingono di essere inorriditi quando i liberali notano l’ironia del fatto. Perchè Palin, da governatrice, non ha voluto l’educazione sessuale nelle scuole, a favore di un programma che promuove  l’astinenza. Evidentemente, il programma non è stato molto convincente.



La delusione mi passa, perchè si vede che la Palin è carismatica. Bene. Finalmente, c’è un repubblicano che riesce a parlare. È dai tempi di Reagan che manca qualcuno di destra che abbia il dono di comunicare.
Poi accendo la televisione e sento un discorso molto familiare. È la Palin che tiene un comizio ad un gruppo di repubblicani e usa le stesse frasi del suo primo discorso, quando ha accettato la nomina di McCain. Usa perfino le stesse barzellette, per la terza volta. Da una persona “naturale,” sincera, che parla “direttamente dal cuore,” è sconcertante. Ha davvero così poco da dire?



Per un paio di settimane, l’equipe di McCain non la fa parlare con i  giornalisti. D’accordo, penso, deve studiare. Quando, finalmente, concede due interviste, è un disastro. Non la vedo in TV, ma leggo le sue risposte. I dubbi crescono.
Finalmente arriva il momento del grande dibattito con Biden, il primo e l’ultimo dibattito fra i due candidati a vice-presidente. Un’opportunità unica e importante, ma Sarah non fa altro che ripetere slogan. Non risponde alle domande, anche se sono domande valide e ben pensate. Sembra una ragazzina che ha memorizzato le risposte per un esame senza averci capito nulla. Non offre nessun dettaglio. Non mette insieme una frase con più di venti parole. Non pensa prima di parlare, continua a ripetere slogan, anche se a volte non c’entrano nulla con la domanda.

Mi rendo conto che mi tocca votare per un uomo che non apprezzo, che ha un giudizio sugli eventi del mondo che non condivido, che ha scelto una donna come suo vice che, non solo non è preparata per essere vice-presidente, ma addirittura sembra non avere mai studiato né storia, né geografia e non avere nemmeno letto un giornale negli ultimi quattro anni. Com’è possibile?

Del resto, non riesco neppure a votare per Barack Obama. Il “segno di speranza” dell’Illinois ha assicurato che nemmeno gli infanti che sopravvivono all’aborto possano godere dei diritti umani. Gli ospedali dell‘Illinois li consideravano una sorta di “bio-spazzatura”, da buttare via anche se ancora vivi,  e Obama non ha obiettato nulla durante la sua permanenza nell’assemblea legislativa dello stato. Anzi, si è rifiutato di far passare la legislazione che li difendeva. In più, Obama fa parte del partito che continua a negare l’importanza della famiglia. E se vince, avrà il potere di scegliere i giudici della  Corte Suprema. Non posso votare per lui, anche se mi sembra una persona intelligente, che pensa prima di parlare e che ha carisma. So che se vince, la famiglia, nucleo della società, subirà ulteriori attacchi.

D’altra parte, vedendo la Palin durante il dibattito, arrivo alla conclusione che vincere sarà difficile per McCain. Non riesco comunque ad avere entusiasmo per i repubblicani, non metto “bumper sticker” sulla macchina, né il cartello McCain in giardino. Sono preoccupata per il futuro di questo paese e per il futuro del mondo.  Per fortuna, non sono i politici che ci salvano.


(Tricia Branagan, Niceville, Florida)