Finalmente qualcuno comincia a portare all’attenzione pubblica un’incresciosa situazione che si protrae da un decennio nella Repubblica Democratica del Congo. Una tragedia che abbiamo denunciato più volte e che continua ad essere vergognosamente ignorata dall’informazione nazionale e internazionale.
I violentissimi combattimenti che hanno sconvolto negli ultimi mesi, con punte drammatiche nelle ultime settimane, il nord est del Congo hanno provocato una “catastrofe umanitaria”, secondo una denuncia della Croce Rossa, di cui riferisce oggi la Bbc on line.
Decine e decine di migliaia i profughi sono in fuga dal capoluogo regionale Goma, dove numerose case e negozi sono stati saccheggiati. Violenze tremende (si parla di stupri diffusi) anche sulla popolazione civile, di cui, stando a testimonianze concordi, si sarebbero resi responsabili soprattutto i soldati dell’esercito regolare. Intanto la situazione sul campo resta molto tesa. Le truppe del generale ribelle Laurent Nkunda, composte solo da soldati di etnia tutsi, che per ora hanno prevalso su quelle lealiste, sono accampate ad una dozzina di chilometri da Goma, ferme.
Nkunda del resto ha proclamato, mercoledì sera, un cessate il fuoco unilaterale. Che però ha minacciato di interrompere, entrando in Goma, se i caschi blù non garantiranno che sia davvero rispettato: il riferimento è alle violenze dei soldati governativi contro i civili, che il generale ribelle vorrebbe fossero militarmente impedite dalle truppe dell’Onu. È in corso intanto un pressing della diplomazia internazionale quella europea in prima linea per evitare che la crisi precipiti del tutto, finendo col coinvolgere direttamente il confinante Ruanda, alleato più o meno ufficiale del generale Nkunda.