La scorsa settimana in Spagna si è visto chiaramente come l’ideologia sia inadeguata ad affrontare le necessità. L’ideologia è sempre nemica di qualsiasi bisogno umano perché allontana dal realismo.

Il realismo di qualsiasi tipo è ciò di cui abbiamo bisogno in un Paese in cui ci sono più di 2,6 milioni di persone senza lavoro: il tasso di disoccupazione più elevato dell’Unione Europea. E l’anno prossimo si potrebbe arrivare a 3 milioni.



La settimana precedente, Zapatero, spinto dai sondaggi negativi e ispirato dal summit di Bush con Obama e McCain, ha annunciato di voler incontrare il leader dell’opposizione Mariano Rajoy, per parlare di economia.

Giorni dopo è apparso chiaro che dietro a questo annuncio c’era il nulla. L’offerta di dialogo tra opposizione e Governo era stata fatta quanto i conti economici sul 2009 erano già pronti per essere presentati alla Camera dei deputati, quando le decisioni erano state già prese.



I conti contengono una previsione di crescita dell’1%, che il Governo sa bene di non poter raggiungere. Le previsioni sulle entrate, secondo tutti gli analisti, sono condannate a fallire: la Spagna sarà presto in recessione tecnica, ci sarà meno lavoro ed esploderà il costo dei sussidi di disoccupazione.

Zapatero sa, perché gliel’ha detto il suo ministro dell’Economia Pedro Solbes, che il deficit supererà il limite consentito del 3%. Ma la sua “ricetta” è non far niente, lasciare che il saldo negativo dei conti pubblici aumenti.

Non c’è in realtà molto di cui discutere con l’opposizione, che non sta proponendo grandi soluzioni, ma che comunque richiede di utilizzare mezzi sensati come la riduzione della pressione fiscale per le piccole e medie imprese.



Zapatero, a cui converrebbe senza dubbio arrivare a un accordo con il Pp, i sindacati e gli imprenditori perché tutti sta volgendo al peggio, è incapace di inquadrare i suoi bisogni politici e quelli del suo paese per alimentare una sincera volontà di unità.

Egli non concepisce strategie al di fuori dello scontro, che gli ha garantito grande successo nella passata legislatura, e non è preparato ad amministrare le risorse scarse. La sua è una politica virtuale dedicata ai nuovi diritti civili, nella quale non è possibile una sconfitta per eccesso di volontarismo. La crisi finanziaria internazionale non gli è servita a cambiare atteggiamento: in un esercizio di opportunismo demagogico è giunto a incolpare la satanica America di Bush di tutto quello che sta succedendo in Spagna.

La società spagnola, divisa in due blocchi dall’11 marzo del 2004, con la crisi ha l’occasione di recuperare semplici certezze sul senso del lavoro e sul valore del sacrificio per costruire il Paese. Dopo quattro anni e mezzo di politica ideologica, la realtà riappare con il volto della crisi.