Nell’ultimo secolo i cattolici hanno formato un solido blocco di voto per il Partito Democratico, giungendo nel 1960 ad eleggere uno di loro, John F. Kennedy. Il partito afferma di essere stato fondato da Jefferson e Madison, sebbene il partito come noi lo conosciamo oggi data al 1828, con l’elezione di Andrew Jackson. I Democratici erano il partito del Sud prima della Guerra Civile e la divisione in due ticket di candidati (uno sudista in favore della schiavitù e uno nordista sostenitore dei diritti civili) permise ad Abraham Lincoln di essere eletto nel 1860. I Democratici conobbero quindi un periodo di declino fino alla Grande Depressione. Nel 1932, il Democratico Franklin D. Roosevelt fu eletto con l’aiuto dei gruppi etnici cattolici e i Democratici governarono, con una filosofia di accentramento e di espansione dei programmi sociali, per i decenni seguenti fino ai turbolenti anni ’60. Successivamente, questioni culturali spinsero la classe lavoratrice e gli elettori del sud, compresi i cattolici, verso i Repubblicani e il culmine venne raggiunto con l’elezione di Ronald Reagan nel 1980, con l’appoggio dei cosiddetti Democratici reaganiani (elettori di tradizione democratica che appoggiarono Reagan anche nel 1984).
Sebbene Bill Clinton si mostrasse come un moderato, recentemente il Partito Democratico ha presentato candidati tendenti a sinistra, come John Kerry nel 2004, che hanno normalmente perso in quanto percepiti come troppo progressisti per la sensibilità del paese. Nella campagna attuale, Barack Obama corre come un liberal ideologico con il senatore cattolico Joe Biden, anch’egli pro-choice. Obama ha però il vantaggio di venire dopo la impopolare Amministrazione Bush, con due guerre e una pesantissima crisi economica in corso. Dalla sentenza della Corte Suprema Roe v. Wade nel 1972, l’aborto è rimasto un argomento caldo in ogni elezione presidenziale. Cristiani evangelici e cattolici hanno formato un’alleanza conservatrice per tenere la questione pro-life alla ribalta. I cattolici si sono trovati a oscillare tra il Partito Democratico, decisamente pro-choice ma favorevole alle preoccupazioni di giustizia sociale dei cattolici, e i Repubblicani pro-life, ma con una politica economica più dura, con al suo interno posizioni contrarie agli immigrati e con una guerra in Iraq, cui la Chiesa si era opposta. Il voto cattolico è fondamentale in ogni elezione, rappresentando un quarto dell’elettorato.
Nel 1992, Bill Clinton ebbe il 9% di voti cattolici in più rispetto a Bush senior, ma Al Gore, nel 2000, ottenne solo il 2% in più rispetto a George W. Bush: John Kerry, che si presentò come un cattolico pro-choice, nel 2004 perse l’elezione contro Bush, ottenendo un 5% in meno di voti tra i cattolici, dopo una sconfessione pubblica dei vescovi cattolici per il suo ruolino di votazioni in favore dell’aborto. Nel 2004, George W. Bush aveva corteggiato il voto ispanico nella sua campagna elettorale, ma dopo la sua rielezione si è verificato un irrigidimento della politica sull’immigrazione, con irruzioni nei posti di lavoro ed espulsioni che hanno diviso le famiglie. Gli ispanici cattolici, più di un terzo dei fedeli, in questa sessione di primarie sono stati allontanati particolarmente dalla gara tra i candidati repubblicani a proporre iniziative contro l’immigrazione, anche se McCain si è dimostrato il moderato del gruppo in questa materia. Durante questa tornata elettorale, un gruppo di professori di diritto cattolici guidati da Doug Kmiec, già consigliere legale di Reagan e di Bush senior, ha affermato che Barack Obama è il vero candidato “pro-life” rispetto a McCain, perchè il candidato Democratico sostiene programmi sociali per prevenire gravidanze indesiderate e offrire più aiuto alle madri. Questo non è un argomento nuovo, dato che la divisione tra pro-life e giustizia sociale, sfruttata dai partiti politici, è diventata sgradevole per i cattolici “seamless garment” (a tutto tondo), come il fu Cardinale Bernardin definì l’approccio olistico ai temi della vita. Benché John Kerry fosse sostenuto dai cattolici pro-choice, Kmiec, che si considera contro l’aborto, è diventato il portavoce della teoria che la causa pro-life possa essere promossa attraverso un candidato pro-choice con migliori programmi sociali sul welfare.
Kmiec afferma che la battaglia legale non può comunque essere vinta, dato che anche rovesciando la sentenza della Corte Suprema si sposterebbe solo la lotta nei vari stati. Di conseguenza, sostiene che i cattolici dovrebbero votare Obama che dice di voler “ ridurre le…circostanze “ dell’aborto. I pro-life hanno respinto questo argomento sottolineando che Barack Obama è il candidato più pro-choice finora mai avuto: ha votato contro il divieto degli aborti a nascita parziale e ha promesso di far diventare legge il Freedom of Choice Act, che supererebbe ogni restrizione statale dell’aborto ed eliminerebbe la clausola sull’obiezione di coscienza del personale sanitario. Per tutta la campagna attuale, i vescovi cattolici hanno ribadito i criteri contenuti nella loro lettera “Faithful Citizenship”, secondo i quali tra le questioni politiche l’aborto è preminente, poiché è un atto intrinsecamente cattivo e perciò “non negoziabile”. Recentemente l’Arcivescovo di Denver Charles Chaput ha ribattuto alle tesi politiche di Kmiec in un discorso a un gruppo di donne cattoliche: «Penso che il suo attivismo in favore del senatore Barack Obama e il lavoro dei gruppi sostenitori dei Democratici, come Catholics United e Catholics in Alliance for Common Good, abbiano reso un cattivo servizio alla Chiesa, confuso le naturali priorità della dottrina sociale cattolica, messo a repentaglio i progressi raggiunti dai pro-life e fornito la scusa a dei cattolici per abbandonare la questione dell’aborto, invece di lottare all’interno dei loro partiti e alle urne per difendere i non nati»