Zapatero perde un “alleato” con l’uscita di Bush dalla Casa Bianca e non è chiaro se ne abbia acquisito uno nuovo con l’arrivo di Obama. Da gennaio potremo cominciare a confrontare le politiche reali e non più quelle virtuali. Era prevedibile. Alla Moncloa il Presidente del Governo ha presentato la vittoria del Senatore dell’Illinois come quella del proprio modo di vedere le cose: «Obama avrà nella Spagna e nel suo Governo un amico e un alleato fedele. Desidero che lavoriamo insieme. Sono soddisfatto per il modo in cui Obama vede la politica internazionale degli Stati Uniti».
Gran parte dello zapaterismo si è costruito virtualmente come una reazione alla cosiddetta “rivoluzione conservatrice”, attribuita o incarnata da Bush. In realtà lo zapaterismo costruisce un Bush virtuale con i grandi errori e lo schematismo del primo mandato, con l’influenza degli ideologici neoconservatori, disposti più a imporre uno schema che ad attenersi alla complessità del mondo dove il terrorismo islamista ha cambiato le regole del gioco.
Sul Bush di Donald Rumsfeld e non sul Bush della multilaterale Condoleezza Rice in Spagna è stata costruita l’immagine di un diavolo conservatore, che è stata molto utile al nuovo socialismo radicale. È stata molto utile per distruggere buona parte del ricordo positivo di Aznar. L’uomo che ha portato il Pp al Governo ha commesso il grande errore di identificarsi completamente con la peggior politica internazionale del peggior Bush. Abbastanza perché lo zapaterismo facesse dimenticare i suoi successi in ambito economico, la sua capacità di guidare il Paese in uno dei periodi più creativi e dinamici della società spagnola.
Il secondo mandato del repubblicano è servito come pretesto perché Zapatero dispiegasse i vantaggi di presentarsi come un’alternativa a quel mondo di ombre scure di una destra inammissibile. In un altro ambito molto differente, Bush, e soprattutto il movimento sociale e religioso che ne ha propiziato le due vittorie, è stato molto importante per la Spagna.
Gran parte dell’antizapaterismo considera “la rivoluzione conservatrice”, che chiama “la nuova rivoluzione americana”, come un riferimento. Si tratta di una simpatia non solamente dovuta alla capacità dei teocon e dei neocon di influire sul potere; il sentimento di affinità in alcuni casi si estende fino alla sensibilità della “cintura biblica”, dove il protestantesimo si fa più ermetico, dove è meno disposto a sottoporre alla verifica della società plurale la propria visione del mondo. Non è un caso che nell’ambito culturale ci siano settori che si identificano con il “creazionismo”, nonostante la sua mancanza di razionalità.
Bush lascerà la Casa Bianca il prossimo 20 gennaio e con lui se ne va il sogno di una “rivoluzione conservatrice” che confida troppo nella capacità della politica per frenare l’avanzata del nichilismo. Una rivoluzione che spesso desidera il ritorno a un mondo che non c’è più, che pensa ingenuamente che il potere serva a difendere valori e principi, quando in realtà serve solamente una lenta ricostruzione dell’umano attraverso l’esperienza e la testimonianza.
Zapatero perde un “alleato” con l’uscita di Bush e non è chiaro che guadagni un alleato con Obama. Ora inizia la politica reale. Il Senatore dell’Illinois smetterà presto di essere un’incognita. Sebbene abbia promesso il ritiro delle truppe dall’Iraq, non lo farà come lo ha fatto Zapatero. Questo metterà in evidenza ancora di più la scelta errata presa dal Presidente del Governo della Spagna. Sebbene abbia promesso il dialogo con i regimi populisti dell’America Latina (Chávez, Castro e gli altri), non metterà in campo la politica arrendevole di Zapatero, che verrà ulteriormente messa in risalto.
Obama non avrà altro rimedio che scommettere sull’intervento nel mondo economico per affrontare la crisi economica. Ha appoggiato il piano di intervento nelle banche e ha parlato di aumento delle tasse per le classi agiate. Inevitabilmente Zapatero proverà a sostenere che questa politica economica è uguale alla sua. Proverà a giustificare, con l’intervento statunitense, la sua politica che non comporta rimedi contro la disoccupazione (la Spagna ha il tasso di disoccupazione più alto dell’Unione Europea), che aumenta il deficit e il debito e che trasforma lo Stato in un concorrente sleale delle imprese nel mercato del credito.
I paragoni continuano. I democratici hanno costretto l’amministrazione Bush a essere assolutamente trasparente nella gestione dei fondi pubblici perché arrivino alle imprese. Zapatero ha sviluppato un piano di cui non si conosce l’entità, né i beneficiari degli aiuti. Difficilmente arriveranno alle Pmi.
E i paragoni potranno estendersi forse anche al cosiddetto ampliamento dei diritti civili. Obama ha dichiarato che considera matrimonio solamente l’unione tra un uomo e una donna…