Qual è stato secondo i terroristi l’esito dell’attacco sferrato a Mumbai alcuni giorni fa? Proviamo a immedesimarci nel loro pensiero.

Una vittoria. Una grande vittoria. Molto più stupefacente di quella di Madrid quando con la morte di 200 pendolari venne influenzata in modo determinante un’elezione in un paese europeo. Il ritiro del contingente spagnolo dall’Iraq è ben poca cosa rispetto ai risultati immediati e alle opportunità offerte dagli attacchi di Mumbai e vale la pena distinguerli e analizzarli.



Un piccolo attacco riuscito = umiliazione potenza mondiale. Come per l’11 settembre un gruppetto di giovani ben addestrati e decisi a tutto ha fatto quello che ha voluto nella città più importante di una grande potenza economica. Ciò rialza il morale dei nostri guerrieri e deprime quello degli infedeli, intenti solo allo sviluppo economico. Possiamo colpire ancora l’India e questo successo porterà nuovi volontari, dopo le sconfitte e le ingenti perdite subìte in Iraq. Troveremo sempre più martiri disposti a immolarsi.



Vittoria sugli ebrei. Prendere di mira il centro culturale ebraico significa una grande vittoria. Affermare che gli ebrei sono il nostro vero obbiettivo fa sì che, come facevano i nazisti in Polonia, si possano uccidere centinaia di indiani o di occidentali e poi deviare la rabbia sugli ebrei. Così la colpa non è dei carnefici ma delle vittime.

La tradizione degli assassini: colpire anche da prigionieri. Quando un “assassino”, inviato dal Vecchio di Alamuth, colpiva un bersaglio, si faceva catturare e torturare. Così confessava che il vero mandante dell’omicidio era una terza persona, anch’essa nemica degli Assassini. L’unico sopravvissuto degli assaltatori incolpa il Pakistan. Perfetto: questo è il vero obbiettivo.



Possibilità di un grande Jihad nucleare. Questo sarebbe un grande risultato. Se si innesta una escalation di pretese indiane sulla consegna dei terroristi, il Pakistan si rifiuterà di farlo senza prove, se non altro per non perdere la faccia e crescerà la tensione fra i due paesi. Ma le prove si possono raccogliere solo in Pakistan. Negli ultimi venti anni, il governo pakistano ha catturato numerosi militanti di Al Qaeda, in collaborazione con gli americani, ma i legami fra gruppi di guerriglia e servizi segreti pakistani sono notoriamente molto forti. Una situazione che ricorda molto la richiesta di indagini avviata dal governo austro-ungarico nei confronti della Serbia dopo l’omicidio del granduca Francesco Ferdinando a Sarajevo il 28 giugno 1914. Il governo di Vienna perse la testa, cercò una vittoria ad ogni costo e provocò la Prima Guerra Mondiale. Purtroppo il governo indiano appare dotato di buon senso e, quanto al governo pakistano, i continui attentati a militari e civili nel Paese dei Puri, lo rendono sempre più nemico del Jihad. Un conflitto fra i due paesi potrebbe iniziare con scontri alla frontiera e divenire sempre più generalizzato. E’ stato calcolato che, in una guerra nucleare fra i due paesi vi sarebbero 12 milioni di morti e lo sconvolgimento sarebbe epocale.

Certezza di un mutamento negli equilibri militari. Se parte dell’esercito pakistano viene spostato alla frontiera con l’India ciò darà respiro alle basi di Al Qaeda. Nel corso del 2009 gli americani dovrebbero aumentare la loro presenza in Afghanistan e premere verso il Pakistan. Ma questo potrebbe essere a nostro vantaggio perché significherebbe l’invasione di un paese islamico da parte degli infedeli. Già nei mesi scorsi vi sono stati scontri a fuoco fra militari pakistani e americani troppo invadenti.

Conferma del terrorismo come strategia vincente. Infatti le democrazie corrotte sono condannate alla sconfitta in quanto a) se vengono sorprese come a Mumbai, Madrid o New York vinciamo da un punto di vista morale, militare e politico; b) se la polizia sventa un attentato, come accaduto in decine e decine di casi in questi anni, l’opinione pubblica non lo sa o non lo vuole sapere e vive tranquilla, non fornisce supporto politico e morale alle sue forze armate e viene risvegliata ancor più dolorosamente quando un attacco va a segno, scoraggiandosi sempre di più. Ci basterà, come dice un generale italiane, “rifare il tagliando” al terrore, tenendo desta la paura a scadenze periodiche.