Nel giorno in cui a Olimpia si è accesa la fiamma dei Giochi, la Cina ha arrestato altre cinque persone a Lhasa, in Tibet, e ha inflitto cinque anni di prigione a un attivista anti-Olimpiadi. Nel frattempo, il bilancio delle vittime fatte dalle truppe cinesi è, secondo il governo tibetano in esilio, salito a 140. Il precedente bilancio degli esuli era di 99 vittime, mentre quello delle autorità di Pechino è di 19 morti, di cui 18 civili cinesi “innocenti” uccisi dai dimostranti e un poliziotto.
Le cinque persone fermate sono, secondo Pechino, responsabili dei due peggiori episodi di violenza della rivolta del 14 marzo, nei quali dieci persone sono morte intrappolate nei negozi dati alle fiamme dai dimostranti anticinesi. Per loro è probabile la condanna a morte. Dovrà invece scontare cinque anni di carcere l’attivista democratico Yang Chunlin, che aveva scritto una lettera aperta intitolata “Vogliamo i diritti umani, non le Olimpiadi”. Al dissidente è contestato il reato di “istigazione alla sovversione contro i poteri dello Stato”.
Nel frattempo è diventato già un caso, la censura con cui la televisione di Stato cinese, la Cctv, ha interrotto la trasmissione della cerimonia con la quale, a Olimpia, è stato dato il via alla partenza della torcia olimpica, quando un attivista dell’associazione Reporter senza frontiere è riuscito a eludere il massiccio apparato di sicurezza sventolando una bandiera con i cinque cerchi olimpici trasformati in manette a pochi passi da Liu Qi, il capo del Partito Comunista di Pechino e del Comitato Organizzatore dei Giochi Olimpici, che stava tenendo un discorso. Un poliziotto ha subito afferrato il contestatore e Li, senza scomporsi, ha continuato a parlare.
I responsabili cinesi assicurano di essere in grado di controllare tutto il percorso della fiaccola in Tibet, comprese le delicate tappe di Lhasa (20 giugno) e del monte Everest (in una data imprecisata in maggio), mentre nuovi appelli al dialogo e alla moderazione sono giunti oggi dal segretario di Stato Usa Condoleezza Rice e dal presidente francese Nicolas Sarkozy. Alcuni media internazionali hanno pubblicato la notizia secondo la quale la Cina ha deciso di vietare per il periodo delle Olimpiadi le trasmissioni televisive in diretta da piazza Tiananmen. Né il Comitato Olimpico Internazionale né il Comitato Organizzatore cinese hanno finora smentito la notizia, che potrebbe dare il via ad una serie di contestazioni da parte delle televisioni di tutto il mondo.