La Turchia è sempre stata un prezioso alleato di Israele all’interno del mondo musulmano e questo suo ruolo sembra mantenersi anche sotto il governo dell’islamico moderato Tayyep Erdogan. A questa conclusione sembrerebbe portare l’esito della visita del Primo Ministro turco a Damasco. A quanto pare, durante il suo incontro con Assad, Erdogan si è fatto latore di una proposta di Israele su una possibile restituzione delle Alture del Golan alla Siria, in cambio della pace. Questa zona di confine è stata occupata da Israele con la guerra del 1967 e poi annessa allo Stato ebraico, annessione non riconosciuta dalla comunità internazionale. La sua importanza è elevata, sia da un punto di vista strategico che per le sue consistenti risorse idriche, e già sotto il precedente presidente, Hafez al-Assad padre dell’attuale leader siriano, era stata oggetto di trattative con la mediazione americana, bloccate peraltro all’inizio del 2000.
Anche Bashar al-Assad ha confermato la disponibilità in linea di principio ad avviare negoziati con Israele attraverso la Turchia. Anche se non vi è nessuna conferma, né peraltro smentita, da parte di Israele, sembra difficile che la mossa turca sia avvenuta senza un placet di Tel Aviv. Ciò che risulta sempre più evidente è la strategia del governo turco a porsi attivamente nei vari conflitti che infiammano la regione, mirando a giocare il ruolo di potenza regionale. Occorre ricordare che la Turchia è membro della Nato, solido alleato degli Stati Uniti e candidato, con molte difficoltà peraltro, all’Unione Europea. È importante notare come i kemalisti secolarizzati e gli islamici moderati dell’AKP, fortemente contrapposti in patria, trovino un sostanziale accordo in questa strategia di espansione diplomatica, ed economica, nell’area mediorientale e nella grande comunità dei paesi di lingua turca dell’Asia centrale.