Francesco Sisci, a tre settimane del terremoto in Sichuan, può dirci qual è la situazione delle popolazioni colpite?
La situazione, da quel che ho visto e dalle informazioni che mi giungono è veramente strana. Perchè da una parte le condizione materiali sono pessime, le case sono o distrutte o pericolanti e le stime parlano di 5 milioni di persone senza casa. Gli sfollati vivono da ormai due settimane sotto tende improvvisate, anzi non sono nemmeno tende ma di teloni di tela plastificata fissati alla meglio. Sono condizioni veramente molto precarie, anche se da bere e da mangiare non mancano. A questo provvede l’esercito, che rappresenta lo Stato e l’autorità. Io sono stato sul posto e quello che mi ha più colpito sono state le facce della gente. Persone all’opposto della disperazione, gente che oserei definire contenta.
Come è possibile in una situazione così drammatica?
Esatto, allora lì ho domandato, ho chiesto. L’impressione è che questa gente sia contenta perchè sono province remote della Cina. E per la prima volta, da millenni, si sentono al centro del mondo, e sentono forte la presenza dello Stato centrale. Non c’è rassegnazione. Certo si fa la fila per l’acqua calda, non si ha dove cucinare. Però tu vai lì ed è tutto pulito, ordinato. Non c’è puzza di urina, c’è solo un grande odore di disinfettante. Ci sono 150mila soldati e tantissimi volontari. Sentono che lo Stato si sta occupando di loro, che non li ha abbandonati.
Può spiegare al lettore italiano, ad un pubblico così distante, quali sono le caratteristiche del Sichuan?
Non si tratta del Sichuan ma, per essere precisi, delle ultime pendici dell’altopiano dell’Himalaya. Nel Sichuan vero, che è una pianura, non è successo niente, mentre quando si arriva su queste montagne si vede la distruzione completa. È una zona di montagne subtropicali bellissime, piene di verde, di foreste e acqua, che si spingono verso nord, dove incomincia il grande altipiano dell’Himalaya, a 4500 metri di quota. E sulle prime alture della montagna che si incontrano la terra si è aperta. Sono territori poveri, scendi a valle e vedi cominciare la ricchezza. Lì le case sono rimaste in piedi. Quelle dell’epicentro sono zone povere, arretrate, anche disperate. In esse vive l’ultima minoranza della Cina, quella dei Qiang. È una popolazione antichissima, ce ne parlano libri di 3000 anni fa, che è stata, durante i secoli, schiacciata tra gli Han, cinesi veri e propri, e i tibetani.
Lei ha parlato del ruolo dell’esercito. Ma ci sarà una emergenza abitativa. Quali politiche il governo intende mettere in campo per riavviare la ricostruzione?
Due cose il governo ha pensato di fare: tende innanzitutto. Il governo ha ordinato a tutte le fabbriche di tende di mettersi a fare tede familiari, ha sospeso tutte le esportazioni di tende. Questo per far fronte alla primissima emergenza. Poi sono già all’opera oltre 7mila tecnici che devono vagliare a una a una tutte le case, perchè nei prossimi giorni si dovrà cominciare lo sgombero. Stanno aspettando i venti giorni dopo il terremoto, il margine di tempo per sperare di trovare persone ancora in vita. Bisogna demolire le case pericolanti, sgomberare le macerie e incominciare la ricostruzione. La terza fase è riuscire a spostare quante più persone si possono in altre province. Si tratta di trasferire 5 milioni di persone, cominciando da conoscenti, parenti e amici.
In Italia è arrivata la notizia che il Governo ha deciso di sospendere parzialmente la normativa che impone alle famiglie di avere un solo figlio, introducendo eccezioni a favore dei terremotati. Può precisare meglio questa notizia? Con quali modalità verrà applicata questa sospensione?
Questa notizia è vera. Molti bambini che sono rimasti uccisi nelle scuole, si fa un calcolo che siano il 15% di tutti i morti. E se ti muore un figlio ti muore la vita, a maggior ragione se è l’unico figlio. È comunque un palliativo. Va detto che queste sono zone agricole, abitate da minoranze. E le zone di minoranze hanno già famiglie con due o tre figli. I Qiang, per esempio, la popolazione che vive nella zona dell’epicentro del terremoto, hanno già il premesso per avere fino a tre figli. In realtà è un’indicazione di massima, nessuno andrà mai a contare quanti figli fanno.
Può essere considerata la prima misura di politica sociale del governo a favore delle famiglie interessate dal terremoto?
È la prima misura destinata alle famiglie, certo. Credo che non la specificheranno ulteriormente perché, nella maggior parte dei casi, già si trattava di famiglie con più di un figlio. È un segnale importante, perchè dice “non stiamo qui ad applicare una politica di pianificazione famigliare, specialmente per quelli con i figli piccoli.
Che cosa l’ha colpita di più, in questa tragedia? Che osservazione si sente di fare, vivendo sul posto e avendo una visione in presa diretta degli avvenimenti?
Per come si sta comportando il governo centrale, questo può essere l’inizio di un cambiamento profondo. Il governo ha ammesso che conviene la libera stampa, ed è un passaggio fondamentale perchè questo governo aveva nel sangue la paura della libertà. Questa volta hanno dato una maggiore libertà alla stampa, non una libertà totale ma pur sempre una maggiore libertà. Sia ai giornalisti cinesi che a quelli occidentali. Il Governo ha capito che lungi dall’averne un danno, la libertà di stampa ha fatto sì che il mondo si raccogliesse intorno alla Cina. Questa, ripeto, può essere una svolta. Prendiamo per esempio il terremoto di Tangshan del 1976: in quell’anno ci fu un terribile terremoto che uccise più di 300 mila persone, intere città vicino a Pechino furono rase al suolo, ancora non si sa cosa effettivamente sia successo, ma tutti, cinesi e stranieri, pensano che il governo abbia fatto un grave errore a tacere. Forse non è stato così, se ci fosse stata la libertà di stampa la gente avrebbe potuto dire, come nel caso di Katrina, il governo ha sbagliato in questo o in quest’altro. Mentre con l’oscuramento dei mezzi di informazione si pensa solo al peggio. E prevalgono sfiducia e rassegnazione. Adesso c’é un cambiamento, sta avvenendo un cambiamento paradigmatico nel modo di pensare del governo cinese.
Si spieghi.
Si è creato un precedente. Quello di dire: la libertà di stampa è utile, è buona, non è dannosa. Quali saranno i passi successivi? Questo è difficile da dire, è una sfida aperta. Ma ci sono piccoli cambiamenti significativi. La Cina ha bisogno – chiamiamola così – di una ideologia, di una weltanschauung globale. Oggi la Cina pensa solo a se stessa, gli altri non hanno importanza. Il 20 maggio, il quotidiano “Global Times”, che è forse il quotidiano più venduto della Cina, ha scritto un articolo sottolineando l’importanza del nuovo “umanesimo cinese”, che non ha nulla a che vedere con il socialismo o il comunismo o il nazionalismo. È una nuova idea che abbraccia tutti.
Su cosa si fonda questo nuovo umanesimo cinese?
Per ora è una frase citata su un articolo di giornale, sono segnali minimi ma significativi. La Cina funziona così. Un altro elemento importante è che attraverso tv e giornali la Cina ringrazia per gli aiuti stranieri tanto che – e questa è una cosa sorprendente – anche i giornali giapponesi riportano meravigliati che i cooperanti sono accolti in modo assolutamente benevolo dalla popolazione. Ed è una cosa assolutamente nuova perchè fino a ieri i giapponesi erano guardati con ostilità. D’altro canto i giapponesi sono stati anche astuti, hanno mandato una squadra di medici che parlavano cinese, quindi in grado di dialogare. Ci sono segni evidenti di cambiamento che vanno anche al di là del terremoto. Un terzo segno è l’affermazione del potere del governo centrale contro i governi locali.
Cosa intende dire?
La struttura burocratica della Cina è fatta in modo, diciamo così, feudale. È fatta a strati in cui non si hanno linee di controllo diretto da Pechino alle periferie, ma è necessario andare di gradino in gradino. Stavolta no. Non c’è stata una catena di telefonate dal presidente ad arrivare fino al sindaco, ma è stato il presidente stesso a presentarsi in loco per far pressione ai funzionari. Non è mai accaduto prima. È un cambiamento radicale che significa l’affermazione del potere del governo centrale contro il potere del governo locale. Anche perchè il governo locale (e lo si vedrà tra qualche mese) sarà chiamato a rispondere delle proprie responsabilità. Cioè le case, e soprattutto le scuole, crollate nel sisma richiamano una precisa responsabilità del governo locale. Oggi con uno sforzo immane nella ricostruzione, alcuni governi locali potrebbero, ma non è detto, guadagnarsi il “perdono” del governo centrale o almeno una clemenza in sede di giudizio, ma ci sarà una resa dei conti. Il governo centrale potrebbe volere più poteri di controllo sulle periferie locali e non solo in chiave di emergenza. Oggi la Cina è molto “dispersa” e i governanti locali attuano realmente una politica per molti versi autonoma. Da oggi probabilmente non sarà più così.