La disfatta dei laburisti e del governo Brown alle elezioni locali inglesi è totale. I laburisti perdono ovunque e perdono molto. Il conto dei consiglieri comunali è un bagno di sangue.
Gli inglesi e i gallesi ogni anno (saltando un anno ogni quattro) eleggono un terzo dei propri consigleri comunali, distrettuali e di contea, con sistema uninominale. Il conto delle perdite va quindi fatto su quanti consiglieri ogni partito ha perso o guadagnato a livello aggregato. I laburisti perdono ovunque. E tutti gli altri guadagnano. 331 councillors in meno, di cui 256 passano in mano conservatrice, 34 in mano ai “terzi incomodi” liberal-democratici e 33 ai gallesi del Plaid Cymru. In totale i laburisti perdono la maggioranza in 9 consigli, mentre i conservatori la guadagnano in 12.



RISULTATI
Partito Consiglieri Consigli
+/- Totale +/- Totale
Conservatori 256 3154 12 65
Laburisti -331 2368 -9 18
Liberal-democratici 34 1805 1 12
Plaid Cymru 33 207 -1 0
Altri 5 893 0 0

Il partito di Gordon Brown ha perso anche la sfida per il sindaco di Londra, vinta dal conservatore Boris Johnson (1.168.738 preferenze) su Ken Livingstone (fermo a 1.028.966).
I dati sono arrivati molto tardi, rallentati da un sistema elettorale non semplice, ma velocizzati dal fatto che le oltre 5 milioni di schede sono state lette (e scannerizzate) con procedura elettronica.
Il sistema elettorale è una specie di “due turni in uno”. Ogni elettore sulla scheda mette un “1” vicino al candidato preferito, e un “2” di fronte alla sua seconda scelta. Alla conta, se nessun candidato ha almeno il 50% di “1” dalla sua parte, si va a vedere quanti “2” hanno i primi due classificati.



A parte i tecnicismi elettorali, per Brown si è trattato di una durissima sconfitta. Appena arrivato al governo sembrava potesse rassicurare tutti con la sua aria da noioso ma concreto amministratore. Sembrava addirittura che potesse sciogliere le Camere e scommettere di vincere le elezioni, guadagnandosi così una forte investitura popolare, dopo che Blair gli aveva passato il bastone di comando.
E invece la luna di miele del governo Brown è durata poco. Errori nella gestione fiscale, con politiche fiscali ultra conservatrici (ad ora sono 2 le aliquote fiscali, una al 20% e una al 40% per chi guadagna più di 130.000 euro) e fortune avverse. La Gran Bretagna si trova ora ad affrontare la crisi creditizia in una situazione di oggettivo rischio. I mercati finanziari qui sono molto avanzati, talmente avanzati che avere un mutuo era facilissimo e molte banche facevano offerte che noi siamo abituati a vedere al supermercato: iPod in regalo, primi 6 mesi con tassi agevolati, partecipazione a concorsi a premio per vincere vacanze. Sta di fatto che quando il mercato immobiliare è iniziato a scendere e i tassi d’interesse a salire, molti si sono trovati in difficoltà a pagare le rate del mutuo, e si sono trovati nella trappola della “negative equity”: un mutuo più alto del valore della casa. In tutto questo Brown ha dovuto affrontare il fallimento di una banca (la Northern Rock), preceduta da ingenti prestiti della Bank of England, ed infine la nazionalizzazione di questa banca (e dei suoi debiti).



Ora è sempre più in ascesa la stella dei Conservatori, e con essa la credibilità di David Cameron. Il leader dei Conservatori, classe 1966, è il più prevedibile paradigma del classico politico tory: discendente di una famiglia di broker bancari, sposato con un’aristocratica, bis-cugina di tali duchi di Bunckingham, che qualche centinaio di anni fa vendettero il loro palazzo (Buckingham Palace) alla famiglia reale, educato a Eton (come i principini William e Harry, e Carlo prima di loro), e poi ovviamente a Oxford, dove studiò PPE (Politica, Filosofia ed Economia), come molti altri politici di ogni partito. E nonostante sia tutto tranne “l’uomo della strada”, Cameron sta lentamente riuscendo a guadagnare la fiducia dei suoi concittadini, quanto meno grazie alla parabola discendente dei Laburisti. Sempre di più infatti cittadini “insospettabili” di simpatie conservatrici si rivolgono a loro, in fuga da un partito laburista che dopo gli anni di Blair non sembra più difendere gli interessi della classe media (e medio bassa). I liberal-democratici, eterni terzi incomodi, speravano che la disfatta laburista e la snobberia conservatrice portassero i voti verso di loro, ma in realtà il bi-partitismo stretto sembra prevalere (al netto dei nazionalismi scozzesi, irlandesi e gallesi) e la disaffezione alla sinistra, porta voti a destra. Ora di fronte a Brown ci sono due anni in cui i conservatori tenteranno di tenere alta la tensione contro il governo, e i laburisti lavoreranno per invertire una tendenza che sembra ormai segnata.