E’ indispensabile che l’Unione Europea a 27 stati si dia regole condivise in base alle quali prendere decisioni: per questo preoccupa il risultato del referendum irlandese. Preoccupa tuttavia parimenti la mancanza di autocritica della gran parte dei politici europei: i cittadini irlandesi, francesi, olandesi e i molti euroscettici degli altri Paesi europei sono solo disfattisti senza valori? Ha ragione il vicepresidente del Parlamento europeo Mario Mauro quando, su ilsussidiario.net, ammette che l’attuale situazione “è il frutto della persistente lontananza delle istituzioni europee dai cittadini”. Infatti come esigere entusiasmo quando la Commissione europea, ossessionata dalla pur giusta preoccupazione del deficit di bilancio, sottovaluta temi come lo sviluppo, la disoccupazione, l’aumento dei prezzi post-euro nei suoi Paesi membri? Come pretendere consenso quando l’UE minaccia la stessa esistenza dei corpi intermedi e del mondo non profit, espressioni della libertà di costruire, schiacciata come è tra statalismi e tentazioni di liberismo sfrenato? Come richiedere fiducia quando il Parlamento europeo, nel decennio 1994-2004 ha ospitato ben 30 iniziative contro il Vaticano su questioni come i matrimoni gay e le sperimentazioni su cellule embrionali e appena 10 contro la violazione dei diritti umani a Cuba o in Cina? Come sorprendersi dell’euroscetticismo quando molti fra i capi dell’UE hanno ritenuto questione clericale la battaglia per il riconoscimento delle radici cristiane dell’Europa, disegnando la nuova UE come struttura tecnocratica senz’anima?
Se si vuole uscire dall’impasse occorre ripartire dalla posizione di chi, dopo una guerra sanguinosa, ha fondato la Comunità Europea come Europa dei popoli piuttosto che degli stati, per un ideale comune di pace e sviluppo. E’ un processo lungo che può essere però accelerato da scelte coraggiose, la prima delle quali potrebbe uscire dal prossimo vertice dei capi di governo: superando i nazionalismi di corto respiro che rendono l’UE quasi sempre divisa in politica estera, si potrebbe optare per la proposta italiana di un seggio unico da coprire a rotazione per l’UE nel futuro Consiglio di sicurezza dell’ONU. Sarebbe un esempio di rilancio di una unità europea più significativo di tanti vuoti e retorici appelli.