La seconda legislatura di Zapatero ha compiuto 100 giorni. Gli ultimi sondaggi dicono che sta perdendo consensi a causa della crisi economica. Ma la recessione si sta trasformando in una giustificazione per un “potere forte”: più pressione per un cambio sociale e più intervento dello Stato che sembra garantire sicurezza. Le risposte che non sono propositive finoscono per essere utilizzate e funzionali al progetto del Governo.



Zapatero, circondato dai suoi, ha pronunciato un discorso di un’ora al Teatro de la Casa de Campo di Madrid per celebrare i suoi primi 100 giorni di secondo mandato, nel quale ha confermato i passi che seguirà la sua seconda legislatura. Ha ripercorso le misure adottate ed è tornato a sottolineare il carattere “rosa” del suo esecutivo: ha dato valore specialmente al suo ministero dell’uguaglianza e al fatto che quello della difesa è affidato a una donna.
Non ha menzionato una decisione presa dal ministero dell’educazione il 3 luglio, in cui si vede chiaramente la rotta tracciata. Quel giorno il Governo ha presentato al Tribunale Superiore della giustizia della Comunità valenciana un ricorso contro un regolamento sull’insegnamento dell’Educazione per la cittadinanza (EpC), che prevedeva l’insegnamento dell’inglese. Più di qualsiasi annuncio sulla riforma della legge sull’aborto (per farlo diventare un diritto), o della legge della libertà religiosa (perché il potere possa intromettersi nella vita della Chiesa), in un gesto del genere si esprime il modo con cui egli intende governare. La materia di EpC è stato il tema che ha riunito un movimento più evidente di rifiuto sociale. Tanto che ha fatto in modo che alcuni governi autonomi del PP – che non ha alcuna intenzione di opporsi a questioni sociali come la libertà di educazione, il valore della differenza sessuale o la difesa della vita – hanno fatto propria la richiesta di ampi settori sociali.

Nonostante la frattura sociale, il Governo non molla, non si corregge, non cerca formule di compromesso, non accetta alternative a quello che considera essenziale per il cambiamento che intende portare. Zapatero lo ha già detto il 6 luglio nell’intervento di chiusura del 37° Congresso del Psoe: «Il Cambiamento che invochiamo va molto al di là di una semplice alternanza di governo. Forse per gli altri il governo sarà l’obiettivo; per noi il governo è lo strumento […]. Il Cambiamento di cui parliamo è la trasformazione della nostra società». Cento giorni dunque per esibire un “potere duro” su quelle questioni che si considerano programmatiche. Senza paura alcuna che la crisi possa metterle in pericolo, e senza paura dei sondaggi. Secondo il barometro Expansion-Ipsos di luglio, infatti, il 78% degli spagnoli critica la passività del Governo di fronte alla crisi e il 65% degli elettori socialisti non approva il suo operato. Secondo il sondaggio di Metroscopio per El Pais pubblicato il 14 luglio, questi primi 100 giorni di Governo sono serviti a far perdere a Zapatero il suo margine di vantaggio su Rajoy e le intenzioni di voto dei due partiti sono in parità al 41%. Seguendo questi sondaggi, il Pp insiste nel fare un’opposizione esclusivamente economica. E il presidente del Governo, che conosce bene il subconscio collettivo di una parte importante della Spagna, si presenta come il garante del “benessere” di fronte ai tempi duri. Questo è stato il secondo argomento del suo intervento alla Casa de Campo: «Il Governo non porterà avanti la ricetta di Rajoy per ridurre drasticamente il debito pubblico», perché «sappiamo che questo tipo di piani vanno contro gli stessi di sempre: i lavoratori e i meno abbienti». Per i tempi di crisi ci sono io – sembrerebbe suggerire Zapatero – un uomo di sinistra che non è ossessionato dal deficit pubblico e che se c’è da spendere spende, e che non riduce i diritti sociali. Per le crisi c’è lo Stato protettore che la sinistra incarna.



Così in questo periodo con tutta sicurezza si riaffermerà una tendenza che ha messo in luce l’Eurostat con gli ultimi dati. Nel 2006 il “peso” del settore pubblico nel nostro paese ha superato il 40% del Pil, ma siamo ancora sotto la media dell’Ue. Ma ciò che richiama l’attenzione è che nei primi due anni della scorsa legislatura, la presenza del settore pubblico nell’economia, in termini di entrate è aumentata di 2 punti percentuali, che è molto. Ma richiama altrettanto l’attenzione il fatto che in termini di spesa il peso del settore pubblico in Spagna è aumentato, mentre nell’Eurozona è diminuito. Ci sarà chi sosterrà che ancora siamo lontani dalla media europea, ma certamente sta aumentando la “statalizzazione” della nostra economia. Questo comporta, in questo momento di crisi, più debito in un paese tra i più indebitati al mondo (abbiamo un deficit commerciale del 10% del Pil). E comporta, per la vita sociale spagnola, più dosi di “potere forte”, minor libertà per la creatività e la flessibilità di cui abbiamo bisogno in tempi di recessione.

La prima legislatura ha fatto vedere fino a che punto le soluzioni solamente politiche, giuridiche o di mobilitazione delle masse sono insufficienti per rispondere adeguatamente al nuovo potere. Non basta limitarsi ad analizzare, denunciare e sottolineare gli “abusi di potere” del Governo. Anche alcune reazioni possono essere funzionali ai loro scopi. Ci sono alcuni modi di difendere i valori essenziali, basati in modo ingenuo sulla presunta forza delle istituzioni naturali e sulla “maggioranza” silenziosa, che finiscono per essere utili al progetto di ingegneria sociale che si sta portando avanti in Spagna.
Tanto sul terreno educativo, quanto su quello sociale, riescono ad aprire spazi di libertà quelle risposte positive che non danno nulla per scontato e che si basano, soprattutto, sulla creatività dell’io, delle persone che liberamente si associano. Esempio delle conseguenze di una dinamica propositiva è ciò che sta trattando il “Manifesto per la lingua comune” lanciato dal quotidiano El Mundo. La risposta alla distruzione dell’umano che ha inizio dal potere non si placa con dichiarazioni come quelle che sta facendo circolare il giornale diretto da Pedro J. Ramírez, ma richiede un rinnovato impegno sull’educazione. Tuttavia quando si formula una proposta, sebbene riguardi un aspetto particolare come la lingua spagnola, le cose cambiano.

(Foto: Imagoeconomica)

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