Ne hanno davvero parlato tutti: quotidiani e blog, massaie e uomini d’affari. E forse con un’euforia tale da risultare a tratti eccessiva, se non addirittura stucchevole: Barack Obama ha finalmente tenuto il suo discorso dinanzi alla colonna della vittoria, all’ombra del Tiergarten, il grande parco pubblico berlinese che da sempre accoglie le kermesse più colorate ed elettrizzanti della capitale, dal Gay Pride alla Loveparade.
Questa volta, dunque, la splendida cornice della Siegessäule, eretta nel 1873 per celebrare le vittorie tedesche su Danimarca, Austria e Francia, è toccata in sorte al senatore dell’Illinois, il quale, per passare direttamente alla storia avrebbe in realtà preferito lo sfondo della Brandenburger Tor, negatogli però di botto dalla signora Merkel, rimasta assai perplessa di fronte allo scarno curriculum di un “giovane” statunitense di belle speranze. E chi è Obama – si sarebbe domandata la Cancelliera – per parlare dal palcoscenico da cui presero la parola Kennedy prima e Reagan poi? Risposta (per la verità alquanto scontata): nessuno, almeno per il momento.
Sia come sia, la pomposa celebrazione ha avuto alla fine luogo e agli occhi dei più maligni osservatori l’esito è parso del tutto affine a quello di un’esibizione circense, più che ad uno speech da presidente americano in pectore. Al di là delle frasi infarcite della più vuota retorica democrat («Dobbiamo costruire ponti per abbattere i muri che ancora rimangono in piedi») e di un astratto cosmopolitismo («Siamo tutti cittadini del mondo»), a galvanizzare i 200.000 accoliti del “J. F. Kennedy nero”, così come lo ha ribattezzato un popolare tabloid tedesco, è stata la scenografia molto “pop”, costruita ad arte dai guru della campagna elettorale di Obama. Niente da fare. È così. Benché la Germania sia tutto fuorché il paese più filo-americano dell’Europa continentale, tanti berlinesi hanno voluto lasciarsi suggestionare da questa atmosfera tipicamente yankee, tremendamente pacchiana e melensa, nonché in assoluto priva di contenuti. Per una volta, dunque, anche la Germania ha vissuto in un clima da stadio l’avvicinarsi dell’orazione di un politico, per giunta straniero. Cose che, sinora, complice anche il grigio spettacolo che quotidianamente offre il teatrino della politica tedesca, erano capitate soltanto oltre oceano.
Stando ad un sondaggio realizzato in questi giorni di febbrile attesa giornalistica, a schierarsi con Obama sarebbero in massa gli iscritti della CDU, quel partito cristiano-democratico, che sulla carta sembrerebbe assai distante dalle posizioni del senatore dell’Illinois. Eppure circa il 65% degli intervistati si dice sicuro che, qualora dovesse recarsi alle urne negli States, esprimerebbe la propria preferenza per Obama e non per il rivale John McCain, il quale, nel frattempo, per non essere da meno, ha incontrato il Dalai Lama.
Ma il fil rouge che lega Obama alla Germania, prima tappa di un iter elettorale europeo che lo ha portato anche a Parigi e a Londra, pare assai più stretto di un semplice gemellaggio estivo. Secondo quanto riportato dal settimanale Die Zeit, il sangue dell’aspirante presidente sarebbe infatti al 4,6% teutonico. Il motivo? Un suo antico avo da parte di madre, tal Christian Gutknechtsarebbenato dalle parti del confine con l’Alsazia e poi in un secondo tempo emigrato in Irlanda.
Insomma, Obama era già nel cuore dei tedeschi, perché il suo cuore ha sempre battuto anche un po’ per Berlino. In realtà, al di là delle rievocazioni storiche sul ponte aereo e la libertà ritrovata, la capitale tedesca è servita come suggestivo trampolino di lancio per un astuto senatore americano a caccia di tanto show e battimani.