Nel maggio del 1979, durante il 28° congresso, Felipe Gonzalez obbligò il Psoe ad abbandonare l’ideologia marxista. Lo scorso fine settimana, nel 37° congresso, Zapatero ha messo in scena un altro “abbandono”: il Psoe smette di essere un partito socialdemocratico e diventa un partito zapaterista, cioè radicale. Fa del laicismo aggressivo e della distruzione della tradizione occidentale, attraverso i cosiddetti “nuovi diritti”, i suoi segni distintivi. «Questo congresso è dunque un’occasione per aumentare i diritti», ha detto Zapatero nel suo intervento conclusivo.
Nel 2000 Zapatero ha conquistato la segreteria generale solamente con una differenza di nove voti. Otto anni più tardi, e dopo due vittorie elettorali, il partito è ai suoi piedi: rieletto con il 98,53% dei voti può sepellire il socialismo.
In apparenza il congresso non ha prodotto grandi modifiche dei punti programmatici. Gli emendamenti iniziali chiedevano di puntare fortemente per un cambiamento della legge sull’aborto, per un sostegno dell’eutanasia e per una politica ancor più laicista. Il marketing di successo e la buona messa in scena del congresso hanno diffuso una versione “dolce” di quello che è successo: è andata avanti “solamente” la legge sui nuovi termini per l’aborto. Di sicuro ora l’aborto è considerato un diritto. Avviene così una modifica sostanziale del programma elettorale con cui i socialisti si erano presentati alle elezioni del 9 marzo.
Per quanto riguarda la politica religiosa, non viene chiesta la sopressione dei funerali di Stato, ma l’eliminazione dei simboli religiosi dai luoghi pubblici e, cosa più importante, si considera un’“anomalia storica” il modo in cui la Costituzione del ’78 menziona, parlando delle relazioni Chiesa-Stato, la collaborazione con la Chiesa Cattolica.
Il nuovo esecutivo federale, fatto su misura di Zapatero, include Alvaro Cuesta come segretario delle libertà pubbliche e della cittadinanza. Cuesta ha incarnato negli ultimi anni la posizione più radicale nel partito conto una laicità positiva. È l’autore del manifesto del 2006 in cui le religioni monoteiste vengono considerate una minaccia per la libertà e la convivenza pacifica.
Nell’esecutivo c’è anche Eva Almunia, segretaria di Stato dell’educazione, una delle donne che ha lottato contro le lezioni di religione nelle scuole e i centri di iniziativa sociale. Nei movimenti sociali c’è ancora Pedro Zerolo, protagonista nel weekend anche delle celebrazioni dell’orgoglio gay. Infine, alla segreteria dell’organizzazione del partito, c’è Leire Pajin, 31 anni, uno degli esponenti più ideologizzati del primo governo Zapatero.
Chi ha parlato di moderazione? «Il cambiamento che chiediamo va oltre l’alternanza di governo» risponde Zapatero.