Due missionari cristiani, un uomo e una donna, sono stati arsi vivi negli incendi scoppiati oggi contro la comunità cristiana nell’Orissa, stato dell’India dove è in corso un’ondata di violenze anticattoliche. Ad appiccare le fiamme alcuni estremisti indù che hanno dato fuoco ad un orfanotrofio gestito da missionari cristiani a Khuntapali, nell’est del Paese (400 chilometri a ovest di Bhubaneshwar, capitale dell’Orissa).
Una nuova drammatica vicenda che si va ad aggiungere all’escalation di violenza contro le chiese, i conventi, le parrocchie e poi i religiosi e le religiose che operano nella regione. La missionaria uccisa si chiamava Rajnie Majihie, aveva poco più di venti anni. L’arcivescovo della diocesi di Cuttack-Bhubaneswar, Raphael Cheenath, ha riferito che la donna aiutava nella cura della struttura e degli orfani. Secondo quanto riferisce l’agenzia indiana Pti, l’uomo ucciso si chiamava Rasananda Pradhan ed è morto bruciato nell’incendio appiccato alla sua casa nel villaggio di Rupa, nel distretto di Kandhamal, lo stesso dove, sabato scorso, era stato ucciso il leader indù Swami Laxanananda Saraswati.
Un vero sacrificio, quello della donna, per mettere in salvo i bambini. «La missionaria – ha raccontato padre Alfonso Towpo all’agenzia missionaria Misna – è morta perché è rimasta indietro per far uscire tutti i bambini, anche padre Eduard, responsabile del centro, è rimasto gravemente ferito». Padre Alfonso ha poi riferito che il sacerdote, ora ricoverato in ospedale, è stato selvaggiamente picchiato e che la gravità delle sue condizioni è determinato più dalle percosse ricevute che dalle ustioni. Padre Towpo, assistente del vescovo Lukas Merketta della diocesi di Sambalpur, ha spiegato che da sabato si sono susseguiti nella zona numerose aggressioni contro istituzioni religiose, ma anche contro case di singoli fedeli.
Ora tutte le forze sono impegnate nel recupero dei bambini, ospiti dell’orfanotrofio, fuggiti nella foresta dopo l’incendio. Gruppi di volontari stanno cercando i bambini, tra i 5 e i 14 anni, ma in India è ormai notte.
«Ferma condanna» per i «gravissimi e ingiustificabili gesti di violenza» a sfondo religioso che hanno coinvolto rappresentanti missionari cristiani in India è stata espressa dal ministro degli Esteri, Franco Frattini. Il ministro, in una nota diffusa dalla Farnesina, ha manifestato l’auspicio che vengano perseguiti i responsabili e al contempo promosso il dialogo tra le diverse componenti della società indiana.
Anche dal presidente del Senato, Renato Schifani, giunge una ferma condanna di quanto accaduto: «La feroce aggressione avvenuta in India, che ha visto l’orrendo assassinio di una suora laica che operava in un orfanotrofio, e il grave ferimento di un sacerdote cattolico, rappresentano una pagina buia di intolleranza religiosa e integralista». Il presidente del Senato ha parlato di «un atto criminale e incivile che deve essere condannato duramente e che rilancia il problema della sicurezza dei missionari cattolici nel mondo».
A scatenare la violenta reazione degli estremisti sarebbe stata l’uccisione del leader radicale indù Swami Laxanananda avvenuta il 23 agosto, di cui sono stati incolpati i cristiani. Accuse per altro smentite seccamente dalle autorità ecclesiali. «Noi cristiani – ha detto mons. Raphael Cheenath ad Asianews- rifiutiamo la violenza e condanniamo ogni atto di violenza e terrorismo. E siamo anche contrari a coloro che vogliono farsi giustizia da sè. Appena saputa la notizia dell’assassinio di Swami Laxamananda Saraswati e di altri 5 suoi seguaci, ho diffuso una mia dichiarazione in cui condannavo con forza il vile attacco e le uccisioni. Ho chiesto a tutti di rimanere pacifici e in armonia. Noi vogliamo relazioni di amicizia con tutte le comunità».
«Uccidete i cristiani e distruggete le loro istituzioni!»: con questo slogan migliaia di indù legati al gruppo militante Vhp (Vishwa Hindu Parishad ) a cominciare da domenica hanno distrutto e raso al suolo il Centro pastorale della diocesi; un centro sociale a K. Nuagam; una chiesa e la casa parrocchiale a Kandhamal; una cappella a Sundergarh; un pullmino delle suore di Madre Teresa a Bhavanipatni e uno delle suore del Preziosissimo Sangue a Udayagir. La zona è quella del distretto di Kandhamal , diocesi di Cuttack-Bubaneshwar, in Orissa, dove nel dicembre scorso sono avvenute altre violenze contro i cristiani erano state uccise 3 persone e bruciate 13 chiese.
In passato si erano già verificati episodi di attacchi da parte di estremisti induisti nei confronti di missionari cristiani. Nel 1999 un missionario australiano, Graham Staines, fu ucciso assieme ai due figli da una folla inferocita che diede fuoco alla loro vettura.
Giungono intanto dure parole di riprovazione dal vescovo Antonio Maria Vegliò, segretario della Congregazione per le Chiese orientali, il ‘ministero’ pontificio che sovrintende al movimento missionario: «Pur non avendo notizie dirette posso dire che quello che sta succedendo è frutto del risveglio del fondamentalismo indù. È una tragedia immane». Per monsignor Vegliò, i missionari sono «i martiri del Terzo Millennio. Ora si stanno immolando in India – prosegue – dove missionari innocenti vengono ammazzati e fatti oggetto di violenze inaudite. Ma è già avvenuto altrove, specialmente in quelle aree dove agiscono i fondamentalisti che seminano terrore e sopraffazione».



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