Il movimento femminista statunitense del 1960 è stato preceduto da movimenti di donne che si erano formati per promuovere cause come l’abolizione della schiavitù, la riforma delle condizioni di lavoro, la proibizione dell’alcol e il diritto al voto. Uno dei documenti fondanti per la nuova, seconda ondata del movimento di liberazione delle donne  fu La mistica femminile di Betty Friedan, pubblicato nel 1963, che postulava il malcontento delle donne confinate in casa, definita dall’autrice “un confortevole campo di concentramento”.



Il valore guida per il movimento di liberazione delle donne è stato l’uguaglianza ad ogni costo, in particolare attraverso il controllo della fertilità, con il diritto all’aborto ritenuto necessario per creare un terreno di gioco alla pari con gli uomini. In generale, queste femministe sostenevano di parlare a nome di tutte le donne, riducendo i rimorsi morali sull’aborto a una questione di scrupoli personali. Il movimento era in parte ispirato dal movimento di liberazione dei neri, ma queste femministe erano più agiate, istruite e bianche. Si pensò di conseguenza che la corsa alla presidenza di Hillary Rodham Clinton rappresentasse una pietra miliare per tutte le donne.



Poi arrivò Sarah Palin. Le femministe cominciarono a sputare veleno per sconfessare il nuovo candidato donna. Judith Warner del New York Times la definì “un’umiliazione per le donne d’America”. Gloria Steinem, icona delle femministe, in un editoriale sul Los Angeles Times, dichiarò: “Palin non condivide nessun cromosoma con la Clinton”. La presidentessa dei Democratici del South Carolina, Carol Fowler affermò che la sola qualifica di Palin era di non aver mai avuto un aborto, una dichiarazione ritrattata in seguito.

Se non altro, le invettive femministe hanno sottolineato la differenza tra una femminista come Hillary Clinton, ben introdotta e appoggiata alle spalle del marito, e Sarah Palin, un tipo del tutto americano che si è fatta da sola. Il termine “Wal-mart mom” sembra essere stato coniato in occasione della sua nomina, e rivela un persistente scarto economico tra due ideali rivali di donna.



Camille Paglia, l’iconoclasta femminista, era piena di ammirazione a Salon.Com (quotidiano online progressista): «per quanto possa essere conservatrice, sento che Palin rappresenta l’esplosione di uno stile del tutto nuovo di femminismo americano muscolare. Al suo sorprendente debutto quel giorno, ha mescolato qualità maschili e femminili in un modo che non avevo mai visto prima. Ed è stata in qualche modo capace di apparire rassicurante in maniera tradizionale e, allo stesso tempo, fanaticamente futurista».

Kay Hymowitz nel City Journal ha spiegato la differenza che qui impedisce a quasi il 75% delle donne di identificarsi come femministe: «Centrale nell’appello di Palin agli stati che votano repubblicano ( i cosiddetti red states ) è la sua naturale accettazione della maternità. Lei differisce dalle femministe tradizionali in quanto la sua sessualità e fecondità non sono in tensione con il suo successo e il suo potere. Semmai, ne sono accresciuti. Invece di costituire un ostacolo, i suoi cinque figli incarnano la sua energia, competenza, autorità e ottimismo. Forse lei è irritata dal fatto che il suo Primo Uomo, come suo marito si definisce, dimentica di riempire la lavatrice o chiamare il pediatra, ma lei non ne fa un caso federale, e neppure dello stato dell’Alaska».