Ilsussidiario.net ha intervistato Francesco Sisci, corrispondente de La Stampa a Pechino, per capire più da vicino quello che sta accadendo in Cina, dove lo scandalo del latte in polvere contaminato da melamina ha colpito 53mila bambini e dove sono più di cento i casi gravi, anche se il portavoce del ministero cinese della Sanità ieri ha annunciato che 40mila bambini circa hanno ricevuto cure e sono stati ormai dichiarati fuori pericolo.
Il latte contaminato da melamina ha provocato avvelenamenti su vasta scala, con 53mila bambini colpiti, 4 morti e 104 casi gravi. Anche se le autorità parlano di 40mila persone ormai fuori pericolo, la situazione appare preoccupante. Può aiutarci a capire come si è potuto verificare un grave fatto come questo?
La situazione, effettivamente, è molto seria. In Cina le aziende del latte acquistano da mediatori, o grossisti, i quali a loro volta si riforniscono dai contadini. I prezzi stabiliti dalle aziende del latte sono molto bassi. Per aumentare le forniture e guadagnare di più i contadini hanno allungato il latte con acqua e per aggirare i controlli fatti sui livelli proteici hanno compensato la diluizione del latte, e quindi la minore concentrazione proteica, con la melamina, che ha la proprietà di truccare i margini permettendo di ingannare i controlli. Il latte aggiunto di acqua e melamina, in altre parole, “sembra” latte vero a tutti gli effetti, con la dose richiesta di proteine.
Il sistema di controllo non ha funzionato? Chi avrebbe dovuto controllare il latte?
I controlli spettano alle aziende e ad enti di controllo dello Stato, che effettuano controlli a campione. Ora, questi controlli sono mancati. C’è un’amministrazione separata per i controlli su cibo e medicinali. Ma non funziona, perché a livello locale è una grande fonte di corruzione. Andrebbe rimesso in piedi un sistema serio di controlli e di certificazioni. Ma il sistema di controllo, che pure non ha funzionato, non spiega tutto.
Cosa intende dire?
C’è un problema di struttura delle aziende alimentari. Un’azienda con 10mila fornitori non riuscirà mai a controllarli, e gli stessi controlli svolti da enti appositi saranno poco incisivi. Il problema è che al di là dei controlli, che comunque vanno fatti, l’acquirente deve avere un rapporto fiduciario con i fornitori, cosa che in una rete estesissima come quella cinese non è possibile. Si dovrebbe concentrare la produzione di latte, ma questo significa una riforma profonda della proprietà terriera, che oggi è estremamente parcellizzata: l’allevamento cinese tipico è quello di un proprietario che ha quattro, cinque vacche. È una situazione difficile da regolamentare e di conseguenza prevale l’improvvisazione.
Come è scoppiato lo scandalo?
In realtà lo scandalo è scoppiato ora, ma già a luglio si sapeva di latte contenente melamina. A scoprirlo è stata una società neozelandese, partner di minoranza di una delle più grandi aziende produttrici cinesi coinvolte, la Sanlu. I neozelandesi a quel punto non hanno saputo cosa fare: se andare contro il partner cinese, o se danneggiare, indirettamente, il nome dell’azienda. A quel punto l’amministrazione locale cinese ha temuto di creare un caso, che alla vigilia delle Olimpiadi avrebbe creato danni enormi, e ha nascosto lo scandalo, coprendo per un mese e mezzo la notizia.
E il governo? Cosa intende fare?
Per far fronte all’emergenza sta attuando un controllo a tappeto. Oggi il Primo ministro si è mostrato in tv insieme alle famiglie vittime della truffa alimentare. Sono stati promessi risarcimenti. Certo prevale il panico, aggravato dal fatto che il latte è un elemento base per la prima infanzia e viene utilizzato per la produzione di molti altri alimenti. E significa la rovina per un intero settore, con conseguente crollo dei prezzi.
Sembra che i consumatori e le famiglie colpite si stiano associando per far valere i propri diritti. Cosa può dirci?
Molte famiglie si sono messe insieme e stanno facendo causa alle aziende, organizzando una specie di class action, che però attualmente in Cina non è conosciuta e regolata, ma che potrà esercitare una notevole pressione sulle aziende per ottenere i risarcimenti.
Prima ha parlato di una necessaria riforma della proprietà terriera. La Cina sta scontando le proprie sacche di arretratezza?
Credo che problemi come questo, purtroppo, siano destinati a ripetersi. Il motivo principale è quello che ho accennato: la forte divisione tra un’industria alimentare che comincia ad essere moderna, e una produzione primaria agricola ancora primitiva. Ma in Cina la produzione agricola estremamente diffusa non rende possibile una concentrazione della terra e degli allevamenti. Manca di conseguenza una razionalizzazione della produzione.
Quello a cui stiamo assistendo non è il primo episodio di truffa alimentare in Cina…
Fino a che non si arriverà a una riorganizzazione della produzione primaria agricola, scandali come quello del latte avvelenato saranno destinati a ripetersi. La Cina, purtroppo, può vantare una storia di truffe alimentari: negli anni ’80, quasi ogni anno, usciva la storia di persone avvelenate da riso alla glicerina. I contadini prendevano il riso vecchio e per farlo sembrare fresco lo trattavano con glicerina, pensando che questa andasse via con la bollitura, senza sapere invece che la glicerina veniva assorbita dai chicchi. La produzione industriale richiede concentrazione, qualità e controllo della produzione. È l’opposto di quello che servirebbe alla Cina oggi, dominata da parcellizzazione, difficoltà di controllo e difficoltà di resa economica.