Luis Conde, un militare in vacanza nella località cantabrica di Santoña, è l’ultima vittima dell’ETA, la prima dopo le elezioni generali di marzo.
Il gruppo terroristico, poiché martedì e venerdì il Tribunale Supremo ha dichiarato illegali i suoi due bracci politici ANV (Azione Nazionalista Basca) e PCTV (Partito Comunista dei Territori Baschi), ha voluto rispondere con la morte. In tre giorni quattro attentati. Una bomba, miracolosamente non esplosa, contro una stazione di polizia di Bilbao; un’autobomba contro la sede di Caja Vital a Vitoria; un’altra autobomba con 182 kg di esplosivo contro il commissariato della polizia basca a Ondárroa (Vizcaya), che avrebbe potuto provocare un massacro; infine, l’autobomba che è costata la vita a Luis Conde.
Un’autentica offensiva con obiettivi molto precisi. La presenza politica dell’ETA nelle istituzioni era, ed è una vera bombola)di ossigeno per il gruppo, grazie alla quale gli ambienti che gli ruotano intorno ricevono e gestiscono abbondanti fondi, ottenendo una visibilità che permette di porsi trionfalmente di fronte alle “forze opprimitrici dello Stato”. Per questo è stato molto negativo che, davanti alle aspettative del processo di pace, il Governo Zapatero non abbia portato avanti la completa illegalità dell’ANV e del PCTV.
Dopo il colpo giudiziario della scorsa settimana e gli arresti dello scorso luglio, il gruppo ha bisogno di mostrarsi forte. L’autobomba contro la Caja Vital a Vitoria, attualmente amministrata dai socialisti, manda un messaggio agli uomini di Zapatero nei Paesi Baschi: se non c’è un negoziato, i socialisti e le istituzioni diventeranno suoi obiettivi.
Ha mandato un avvertimento anche al PNV (Partito Nazionale Basco) con l’attentato contro la Ertzaintza, la polizia basca che è anche nazionalista. Se il nazionalismo basco diventa moderato e si avvicina ai socialisti per governare insieme a loro, si trasforma a sua volta in un obiettivo privilegiato.
È un avvertimento anche ai prigionieri dissidenti che hanno cominciato a criticare la dirigenza: l’ETA è forte e fuori dall’organizzazione non c’è vita. E infine a tutti gli spagnoli: possiamo continuare ad uccidere e trasformare la morte in routine, come in passato.
Il terrorismo spande sempre il male, come un’onda, e presto o tardi questo male diverrà per la società spagnola la tentazione di soccombere a una pace senza giustizia, come quella promossa da Zapatero nella passata legislatura.
In questo contesto, la cosa più ragionevole da fare è essere fedeli al desiderio suscitato dal dolore per questa nuova vittima dell’ETA. Questo dolore è quello che ci fa interrogare sul senso della vita di chi è morto, e il nostro, ed è quello che ci fa desiderare una convivenza pacifica in cui la dignità della persona sia effettivamente tutelata.
Se questo desiderio non viene censurato e si trasforma in criterio sociale, culturale e politico, rende possibile il sacrificio di affrontare l’ETA. Un sacrificio che, nonostante tutto, dà i suoi frutti.