Mentre si sventolano fazzoletti rossi per la Birmania e si difendono i diritti delle minoranze cinesi, il mondo occidentale non si accorge della vera minaccia al cuore della democrazia: il colpo di stato che il partito dell’Alleanza popolare sta orchestrando in Thailandia. Francesco Sisci, corrispondente per La Stampa da Pechino, spiega l’attuale situazione del Siam e le ripercussioni che un secondo colpo di stato può comportare per l’Asia e l’Occidente.
Qual’é l’attuale situazione politica della Thailandia e cosa sta accadendo?
La questione thailandese è fondamentale per la politica europea e del’intero occidente. La Thailandia è una tra le più solide democrazie del Sudest asiatico, ma oggi corre il rischio di un secondo colpo di stato e della totale disfatta della democrazia, a causa di questioni legate al cattivo funzionamento di questa forma di governo e per la corruzione. C’é stato un primo colpo di stato nel 2006: il governo di allora non funzionava, i militari hanno preso il potere, indetto nuove elezioni e ripristinato la democrazia. Questo atto di forza di due anni fa era ufficialmente un colpo di stato, ma per quanto terrible e spaventoso, è stato fatto restaurare la democrazia nel paese. Oggi la questione rivela radici decisamente più profonde: l’Alleanza popolare per la democrazia, partito che sta spingendo per il colpo di stato, in realtà non intende indire nuove elezioni. Gli esponenti di questo schieramento sostengono che l’attuale governo democratico non funzioni: intendono arrivare alla formazione di un Parlamento di cui il 70% viene nominato non si sa esattamente se dalla giunta militare o dal re e il rimanente 30% viene eletto con criteri non sufficientemente univoci, per esempio, dicono in Siam, sulla base delle corporazioni. In pratica si tratta dell’instaurazione di un vero e proprio regime fascista. Gli esponenti dell’Alleanza popolare stanno ufficialmente orchestrando la fine della democrazia in Thailandia con un colpo di stato totalitario.
Quali sono le ripercussioni sul mondo occidentale?
L’Occidente che vuole peromuovere la democrazia in iraq, in Cina, in Birmania, se non difende la democrazie dove c’é, come in Thailandia, perde completamenter di credibilità. La situazione del Siam è una sfida aperta al mondo occidentale: se l’America, l’Europa permettono che si verifichi un colpo di stato fascista in Thailandia, paese leader del sudest asiatico, non potranno più dichiararsi difensori di diritti umani e di democrazia. La Thailandia è il fronte su cui oggi l’Occidente deve fermare questa ondata di fascismo.
Come sta reagendo il mondo asiatico?
L’Asia sta a guardare con preoccupazione per l’instabilità della situazione thailandese, ma nessun governo prende l’iniziativa. Deve essere il mondo occidentale a muoversi per fermare la progressiva caduta della democrazia in Siam, on i paesi asiatici, tutti in bilico tra sistemi autoritari e governi democratici. Il problema è gravissimo e non gli si presta la dovuta attenzione.
Sulla stampa internazionale non si parla di Thailandia…
E’ così. E’ una questione delicatissima. L’occidente non potrà parlare di difesa dei diritt umani in birmania se non ferma prima il colpo di stato in Thailandia. Se l’America permette la formazione di un regime fascista in Siam a che titolo potrà parlare di difesa dei diritti umani in Cina e in Birmania? A livello internazionale solo ora si inizia a realizzare ciò che da tempo sta accadendo in quell’area geografica e quale grande minaccia ideologica enorme rappresenti per il mondo occidentale.