Si è concluso all’indomani dell’oceanica inaugurazione del nuovo presidente americano, Barak Obama, con l’attraversamento del confine da parte dell’ultimo soldato, il ritiro delle forze israeliane dalla Striscia di Gaza. Un atto che sembra porre fine alla fase più acuta di una delle crisi di maggior impatto internazionale, a poco più di tre settimane dall’avvio dell’operazione “Piombo Fuso” contro Hamas terminata con un bilancio di oltre 1.300 morti palestinesi (e 13 israeliani) e pesanti devastazioni.



L’annuncio è giunto poco dopo l’alba dallo stato maggiore: «Questa mattina l’ultimo soldato delle Forze di Difesa di Israele (Idf) ha lasciato la Striscia di Gaza e le forze (armate) si sono schierate fuori dalla Striscia», ha dichiarato un portavoce, precisando che i reparti restano comunque «pronti a ogni evenienza» nel caso in cui le milizie islamiche di Hamas dovessero riprendere il fuoco.



Il ritiro era cominciato domenica scorsa sull’onda di un cessate il fuoco unilaterale proclamato da Israele (e seguito poi da un’analoga iniziativa parallela di Hamas) dopo 22 giorni di guerra. Il portavoce ha accompagnato l’annuncio sul ritiro con un appello alla popolazione civile di Gaza – duramente provata da distruzioni che ieri il segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon, ha voluto constatare personalmente sul posto – a prestare attenzione a residui bellici e ordigni inesplosi.

Sul terreno la tregua sembra sostanzialmente tenere, anche se ieri non sono mancate tensioni e isolate sparatorie. Israele ha denunciato il lancio di 8 proiettili di mortaio dalla Striscia – due a vuoto, sei caduti in aree non abitate del territorio israeliano – e ha annunciato d’aver colpito dal cielo una postazione di lancio. Mentre i palestinesi lamentano l’uccisione di un agricoltore – vittima verosimilmente d’una sparatoria di confine – e la morte d’altri due bambini per lo scoppio ritardato di una bomba inesplosa.