Hillary Clinton sta effettuando in Asia il suo primo viaggio da neo segretario di Stato. È la rottura di un’affermata consuetudine, perché le destinazioni dei suoi precedenti colleghi sono sempre stati l’Europa e il Medio oriente. Ma la crisi economica impone di lavorare rapidamente a nuovi scenari, di consolidare nuove partnership. In primo luogo con la Cina, “partner strategico” è stata definita prima del viaggio. Dopo le tappe in Giappone, poi in Indonesia, ieri in Corea del Sud, oggi Hillary Clinton sarà a Pechino, da dove ripartirà domenica, dopo aver affrontato i temi al centro delle nuove relazioni bilaterali con l’interlocutore più importante. Ne abbiamo parlato con Francesco Sisci, corrispondente de La Stampa a Pechino.



La destinazione ha fatto scalpore: è dagli anni Sessanta che la prima destinazione di un neosegretario di Stato Usa sono Europa e Medio oriente. Questa volta non è stato così.

Il viaggio risponde ad una logica ben precisa. Hillary Clinton deve raccogliere consenso negli altri paesi asiatici per poi concludere la missione in Cina. Quest’ultima sarà ovviamente la tappa più importante. E parlo di consenso perché il problema del rapporto Cina America non è semplicemente bilaterale, ma di ribilanciamento della politica americana in Asia.



Quindi le tappe in Giappone, in Indonesia e in Corea vanno lette in questa chiave.

Sì. È importante che gli Usa concordino soprattutto con il Giappone, e in subordine con la Corea del Sud, la posizione americana, tranquillizzando questi paesi in modo che non ci sia opposizione e che le cose avvengano in modo morbido. Occorre creare consenso ora per porre le basi del consenso futuro.

Quali saranno i temi più rilevanti di cui si parlerà a Pechino?

Clinton ha parlato di collaborazione sui temi ambientali. Ricordiamo che quello che attiene le energie verdi e il protocollo di Kyoto spesso è una sorta di “porta posteriore” per affrontare il tema del trasferimento di tecnologie anche duali, cioè riguardanti l’integrazione del settore militare con quello civile, a partire dalla quale nuove applicazioni e impieghi diventano via via possibili.



È il primo passo per una collaborazione a più ampio spettro sul nucleare? Può darsi; senz’altro è il primo passo per costruire una partnership strategica su tipo di quella che ha tratteggiato Zbigniew Brzezinski a Pechino lo scorso gennaio.

Una partnership centrata sul fattore economico?

Per gli Stati Uniti è fondamentale che la Cina continui a comprare debito americano, dopo che la capacità di acquisto da parte del secondo creditore americano, cioè il Giappone, in queste settimane si è drammaticamente indebolita. Era importantissimo per gli Usa cercare di assicurarsi che il Giappone continuasse a comprare debito Usa. Ma i dati economici sono spaventosi: un crollo del Pil del 12,7 per cento nell’ultimo trimestre, un meno 14 per cento nelle esportazioni, un rapporto debito/pil al 180 per cento, indicano che il paese è praticamente al collasso. Come farà a comprare il debito Usa? Chiedere un aiuto al Giappone è impossibile. Questo mette in una posizione di maggior forza la Cina, che diventa l’unico interlocutore per l’acquisto di buoni del tesoro. Ma alzerà il prezzo politico.

Poi c’è il dossier Corea del Nord. Clinton ha ribadito che altri test missilistici «non aiuteranno a far avanzare le relazioni» tra i due paesi.

La collaborazione tra Usa e Cina sulla Nord Corea è il vero primo grande mattone della partnership strategica. È l’unica eredità positiva vera della politica di Bush, che è riuscito a fermare il processo di nuclearizzazione. Il tema sicurezza in questo caso ha un’importanza enorme, perché l’Afghanistan può essere un covo di terroristi, l’Iraq può sospendere le forniture di petrolio, ma la Corea ha davvero l’atomica, può colpire Los Angeles e Tokyo e ne ha la volontà politica. Ora è importante che la dissuasione continui e Clinton si è mossa bene, senza usare toni provocatori. Ha lasciato intendere alla Corea che se si comporterà bene, da parte degli Usa la risposta sarà reciproca. Stati Uniti e Cina potrebbero gradualmente riammettere la Corea in un circolo virtuoso globale.

Un esempio di collaborazione esportabile?

Sì, perché il dialogo Cina-Usa potrebbe essere determinante per l’Iran. Un nuovo contesto forte potrebbe ridurne drasticamente i margini di manovra. Però anche il quel caso c’è una contropartita: la Cina è disposta a collaborare sull’Iran purché si risolva il problema taiwanese. Come si vede, la trattativa è a tutto campo. Ma se Cina e Usa collaborano sull’Iran, allora possono lavorare su tutto.