Il Governo si è precipitato a dare la sua interpretazione della sentenza del Tribunale Supremo sull’obiezione di coscienza nell’insegnamento della materia di “Educazione alla cittadinanza”. Si è precipitato perché vuol farci credere che il Tribunale Supremo abbia appoggiato il contenuto della materia, abbia chiuso qualsiasi via giuridica per opporvisi e abbia screditato qualsiasi tipo di obiezione. Quel poco che sappiamo della sentenza è che respinge l’obiezione per i casi esaminati e che lascia aperta la porta ad altri.
Quando si conoscerà il testo appariranno con molta probabilità aspetti interessanti che appoggeranno la lotta che molti hanno incominciato a favore della libertà di educazione. Potrebbe contenere indicazioni su quali circostanze o a quali condizioni può esercitarsi l’obiezione. I giudici assicurano nella sentenza che la materia non permette alle autorità amministrative o scolastiche, e neppure ai professori, di imporre agli alunni criteri morali e etici che siano oggetto di discussione nella società e che i suoi contenuti devono concentrarsi sull’educazione di principi e valori costituzionali.
È proprio l’opposto di quel che ha assicurato il vicesegretario generale del Psoe José Blanco giovedì scorso, quando ha dichiarato che il Tribunale Supremo ha dato ragione a coloro che credono che «spiegare la Costituzione, i diritti umani o semplicemente come si usa un preservativo è qualcosa che è concorde con i nostri valori e che non dà fastidio a nessuno».
Non si trova nella Costituzione alcun riferimento alle disposizioni di cui parla Blanco. Non c’è nemmeno una giurisprudenza costituzionale sulla questione. Nulla è chiuso, tutto può essere. Il Tribunale Supremo sembra lasciar aperta la porta a un’autentica laicità, respingendo qualsiasi tipo di statalismo morale.
La Conferenza Episcopale Spagnola ha sempre spiegato che il problema non è la regolazione dell’Educazione alla cittadinanza all’interno della Legge organica dell’educazione. La legge, giustamente interpretata, può lasciare i contenuti all’interno dei limiti dei principi e valori costituzionali. Lo Stato ha il diritto a educare ad essi.
Il vero problema è che i decreti, sia nazionali che delle autonomie, potrebbero, sviluppando il contenuto della legge, causare l’indottrinamento.
Di più, in piena riforma occulta della Costituzione, appare tutt’altro che scontato precisare quali sono questi valori e principi. La cosa più sicura sarebbe attenersi letteralmente alla Costituzione e alle interpretazioni che di essa ha fatto la Corte Costituzionale.
In ogni caso restano aperte altre vie per opporsi alla pretesa dello Stato. Una di queste l’ha segnalata il funzionario del Tribunale Supremo, Manuel Martínez de Aguirre, che in un articolo pubblicato su Páginas Digital spiegava l’utilità di denunciare gli “indottrinamenti” concreti che possono essere portati davanti al Tribunale europeo per i diritti umani, la cui giurisprudenza riconosce il diritto dei genitori «al rispetto delle proprie convinzioni filosofiche e religiose».
In ogni caso resta la grande responsabilità educativa dei genitori e degli educatori. Il movimento sociale degli ultimi mesi ha risvegliato un interesse per i manuali, i metodi e ciò che viene insegnato ai nostri giovani, sia in questa materia che in tutto il curriculum scolastico. Si tratta di una stupenda occasione per approfondire questa “curiosità” e per superare la passività di molti adulti che per decenni hanno identificato l’educazione con l’apprendimento di alcune conoscenze e abilità che trasformino i giovani in “gente utile”.
Nell’educazione è sempre presente la grande questione del senso della vita, l’ipotesi con cui affrontare l’esistenza. Come diceva il primo manifesto della piattaforma “Tempo di educare”, la miglior difesa della libertà di educazione è esercitarla, cioè educare: che un maestro o alcuni genitori risveglino l’interesse e offrano alla critica dei loro alunni o figli la tradizione che li alimenta. Nessuno Stato può dominare questo rischioso e appassionante incontro di due libertà, nonostante il nostro Governo lo desideri.