Il cuore di Cristo. Il dolore di Cristo. Il sacrificio di Cristo. Nel cuore di Rio de Janeiro la domanda di seguirlo e amarlo. La domanda di essere perdonati. Alle 8 del mattino il sole illuminava il volto della chiesa che si riuniva presso la Chiesa di Santa Lucia, alla quale erano stati strappati gli occhi per amore di Cristo. Comunque, prima, Lui aveva già amato Lucia così come aveva amato ciascuno di quelli che stavano arrivando per fare memoria della sua passione. Quelli che portavano la Croce si alternavano come il Cireneo che accompagnava i passi del Nazareno.



Duecento persone. Poche per una città di sei milione di abitanti. Duecento che erano trascinati da Lui che portava i sei milioni. Ad ogni stazione, la lettura del Vangelo: “Riponi la tua spada. Non berrò forse il calice che il Padre mi ha dato?”. E dopo, Péguy ci introduceva e ci faceva vivere i misteri di Colui che “era un buon operaio, un buon carpentiere… obbediente al padre e alla madre… fino il giorno in cui incominciò la sua missione”.



Nella città di San Sebastiano di Rio de Janeiro, in questo Venerdì Santo che santifica ogni minuto di tutti i giorni, la Chiesa cammina. Quel giorno in cui Lui è stato schiaffeggiato, e “ha introdotto il disordine… il più grande ordine che è stato nel mondo, l’unico ordine…” Un coro fa rieccheggiare davanti al Monumento ai Morti della Seconda Guerra Mondiale un canto dolce e lancinante: “il mio amico mi ha tradito con un bacio… sarebbe stato meglio per lui non essere mai nato”. Cristo è morto per quei morti. Ha dato dignità alla morte di quei morti. Dà dignità oggi alla vita di tutti vivi.



La bellezza dei canti. La bellezza del luogo. Il tempo della bellezza, della più grande Bellezza. Dell’unica Bellezza. Un popolo che cammina per la bellezza. Perché la Bellezza si è fatta carne e si fa carne per mezzo di un popolo che camminava e che cammina ancora verso il Golgota: “ Non sei tu forse uno dei suoi discepoli?” “No!” Un no che riecheggiava nella bocca di quelli che passavano e non si fermavano. Le guardie seguivano; alle volte facevano silenzio così come anche tutti gli altri; alle volte parlavano così come tutti gli altri; alle volte si distraevano così come tutti gli altri; ma nessuno poteva negare la vista della croce che si imponeva davanti a tutti. Una voce maschile gridava: “Misericordia, misericordia, misericordia”. La Chiesa ripeteva: “Misericordia”. Allo stesso tempo altri gridavano: “Crocifiggi, crocifiggi”. E Pilato ancora una volta ripeteva: “Crocefiggetelo voi, io non trovo in lui nessuna colpa”. Péguy domandava: “Gli amici lo amavano tanto quanto i nemici lo odiavano? Suo padre lo sapeva”. La Spianata di Flamengo non è mai stata come oggi: i ciclisti si fermavano per pregare, chi passava correndo si faceva il Segno della Croce; chi andava in spiaggia si fermava sulla passerella per guardare la Croce e ascoltare il coro: “Egli è il tuo buon Gesù, che ti darà il suo amore, Egli è Gesù, Sì, Egli è Gesù, Egli è il tuo buon Gesù”. Questa è la rivelazione a cui nessuno può rimanere indifferente: un pullman si ferma e dentro c’è qualcuno che cambia di posto per continuare a guardare come se volesse stare un po’ vicino alla Croce mentre il pullman riprende la sua strada.

Con il popolo di Rio, c’era un pezzetto del popolo di San Paolo: Cleuza, Marcos e Quiteria, che sono arrivati con noi alla Chiesa della Madonna della Gloria. Ai piedi della chiesa cantiamo la vittoria raggiunta grazie alla Croce di Cristo. E alla fine, dall’alto del piazzale, insieme agli amici del mondo intero, il proclama di una grande certezza: “Egli che non ha risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha dato per tutti noi, come non ci donerà ogni cosa insieme con lui?”. Per questo anche nel silenzio della grande notte la carezza del Nazareno sostiene la speranza del mondo.

(Valeria Gomes Lopes)