Più di 10.000 persone, tra cittadini e politici, hanno già reso omaggio alla salma dell’ex presidente Roh Moo-hyun, che ieri mattina si è lanciato nel vuoto da un dirupo durante un’escursione in montagna. Secondo l’agenzia sudcoreana Yonhap, un rapporto della polizia sulla vicenda, anche se non definitivo, indica in modo inequivocabile come l’uomo politico di 62 anni abbia deciso di togliersi la vita. Roh, che ha peraltro lasciato una lettera “sul proposito di suicidio” (ha spiegato il legale della famiglia, Moon Jae-in), era stato travolto a inizio aprile con la sua famiglia su presunti casi di corruzione e fondi illeciti.
Il silenzioso pellegrinaggio, cominciato già ieri al Pusan National University Hospital, luogo del secondo ricovero dove Roh è giunto in condizioni disperate poco prima del decesso, è andato avanti presso la casa del suo villaggio a Gimhae, non lontano dalla città portuale di Pusan, dove la salma era stata nel frattempo trasferita. In un’insolita quanto rapida reazione, anche la Corea del Nord ha segnalato in mattinata la morte di Roh, che durante il suo mandato, dal 2003 al 2008, aveva lavorato per riconciliare i rapporti tra Seul e Pyongyang. Un funzionario, citato dalla Kcna, l’agenzia del regime, ha ricordato l’attenzione mostrata da Roh, approfondendo le linee del suo predecessore Kim Dae-jung, verso il Paese stalinista con, ad esempio, la decisione di non sospendere l’invio di aiuti come riso e fertilizzanti nonostante i test nucleare del 2006.
L’ex presidente era stato infatti artefice del secondo vertice intercoreano, incontrando a ottobre 2007 il ‘caro leader’ Kim Jong-il. “I media locali e stranieri collegano la sua morte – conclude la Kcna – alla pressione psicologica derivante dall’azione d’indagine dei procuratori”.