Ho letto sull’inglese Guardian che le elezioni europee hanno rappresentato una vittoria spettacolare dei partiti di “centro-destra” a spese dei socialdemocratici. Vorrei che la vita fosse così semplice. È vero che se si guarda ai risultati nei maggiori Paesi europei, Germania, Francia, Italia, Gran Bretagna, lo schema è quello delle vittorie “cristiano-democratiche” e delle sconfitte socialiste, e questo anche al di là di chi fosse al governo. Tuttavia, limitandosi all’esteriorità si rischierebbe di comportarsi come un poliziotto che dichiarasse che i segni delle frenate sono la causa degli incidenti stradali, perché si trovano sempre sul luogo in cui avvengono.



I dubbi sulla validità di un’analisi sinistra verso destra mi sono venuti dall’unica frase che il Guardian dedica alle elezioni irlandesi: «L’opposizione irlandese di centro-destra ha guadagnato punti, mentre il Fianna Fail al governo è andato malissimo». Se tutta l’analisi ha la stessa affidabilità, forse dobbiamo cominciare a inventarci un’altra teoria. É vero che i partiti di governo hanno preso una brutta mazzata in Irlanda, ma l’idea che siano stati sconfitti da forze di destra o centro-destra è del tutto falsa. Il principale partito di opposizione è il Fine Gael, indistinguibile ideologicamente dal maggior partito di governo, il Fianna Fail, ed entrambi possono essere descritti come vagamente di centro. Fine Gael ha avuto buoni risultati, ma niente di simile a quanto ci si sarebbe potuto aspettare dato il grado di impopolarità del governo in carica.



In Irlanda, nello stesso giorno, oltre alle europee si tenevano elezioni amministrative e due elezioni supplementari per il Parlamento: in tutte, si poteva riconoscere una chiara ricerca per qualcosa che non c’era. Tutte e tre le elezioni hanno mostrato un’elevata popolarità di candidati marginali o del tutto nuovi. I principali partiti di opposizione sembrano pronti a subentrare al governo dopo le prossime elezioni politiche, ma solo perché non sono più al governo da un certo tempo.

La situazione economica irlandese è probabilmente peggiore che in altri Paesi europei e il parere diffuso è che la colpa sia in gran parte del Fianna Fail, al governo ininterrottamente negli ultimi dodici anni. In questa situazione, ci si potrebbe aspettare una nuova ondata di energia per spazzare via tutto, ma non c’è niente di simile in giro. I partiti di opposizione sono stanchi e negativi, accontentandosi di attaccare il governo partendo dalla tranquilla convinzione di non dover dare loro delle risposte. La verità è che nessuno ha la minima idea di cosa fare.



Queste sono state tra le più strane e deludenti elezioni a memoria d’uomo. C’è perfino qualcosa di sinistro nel modo in cui tutto è sembrato procedere normalmente, ma avendo al contempo la sensazione che niente sarebbe ritornato mai più normale. Alla superficie, ognuno ha partecipato a mozioni, volantinaggi, dibattiti, confronti con gli oppositori, ma in privato lo stato d’animo era simile a quello di un bambino arrabbiato con i genitori che lo hanno deluso una volta di troppo. La gente non crede più ai politici, non vuole essere lusingata o tranquillizzata, vorrebbe qualcuno che sistemi le cose.

La rabbia di un tempo verso i politici sembra, in confronto, quasi una posa: questa invece è del tutto effettiva. La campagna è stata vissuta con la sensazione del fallimento della politica, una farsa con poca o nessuna connessione con la realtà. La gente ha senza dubbio criticato ferocemente il governo per aver sperperato il recente boom della “Tigre Celtica”, portandoci in un mare di guai da cui non sappiamo come venir fuori, ma la rabbia e la frustrazione sono andate al di là dei normali attriti tra elettori e politici.

Sembra essere iniziato un cambiamento radicale, caratterizzato da un nuovo livello di convinzione che i politici possono solo deludere, creare confusione, possono solo fallire e che nulla di buono potrà mai venire ancora dalla politica. Non si tratta neppure di maledirli, perché colpirli significherebbe sperare ancora in una qualche loro capacità di correggersi, ed invece pare non esserci sufficiente speranza neppure su questo.

Anche la più recente operazione politica, Libertas, è fallita e non è riuscita a eleggere nessun candidato. Eppure, dodici mesi fa, Libertas era in prima fila nel condurre la battaglia contro il Trattato di Lisbona. Da allora sono successe molte cose che hanno ricordato agli irlandesi da che parte stanno i loro interessi, e forse non volevano che fosse loro ricordato quanto presuntuosi erano stati un anno prima.

Niente di ciò che queste elezioni offrivano, come possibilità o alternative, era in grado di rispondere ai bisogni profondi di molti. Parecchie altre volte ci si è ritrovati a dire “sono tutti uguali”, ma questa volta la frase è improvvisamente diventata vera in un modo nuovo, come se davvero tutti i candidati fossero realmente, concretamente la stessa cosa, come se la sola descrizione di “politico” fosse sufficiente a squalificarli.

Chiunque non fosse già stato in politica, o non avesse avuto rapporti con politici, è sembrato avere probabilità migliori di chi avesse già ricoperto incarichi pubblici. In mancanza, la gente ha votato per i candidati più al margine, per tenere alla larga chi era coinvolto maggiormente con il disastro. I candidati più favoriti sono stati quelli senza precedenti esperienze, che venivano dal di fuori, che avevano attirato l’attenzione sulle inadeguatezze del sistema e della classe politica o quelli che si erano opposti dall’interno, e quindi meno responsabili di quanto successo.

Se c’è un’elezione, qualcuno deve vincerla: le schede di votazione offrono poche alternative, o si vota per uno o si vota per un altro. Tuttavia, vi sono casi in cui i risultati devono essere visti come dichiarazioni di fallimento, dato che l’apparente appoggio a una parte è solo un calcio alla parte avversaria. I risultati delle elezioni in Irlanda non appaiono come l’affermazione di qualcosa, ma come l’incoerente ruggito di insoddisfazione per ciò che è. Al massimo, si tratta dell’inizio di qualcosa che deve ancora definirsi, un soffio di rabbia e quasi di disperazione, un grido di aiuto simile ai pugni di un bambino sul petto dell’adulto che cerca di calmarlo.

La rabbia del pubblico, ancora iniziale e quasi dolorosa, sembra diretta oltre i politici stessi, contro l’idea che tutto questo possa essere la risposta a qualcosa. Qualunque cosa si possa decidere di fare prossimamente, gli elettori irlandesi sembrano aver chiaro che nessuno di questi signori che sorridono dai muri ha una risposta.