I socialisti ci hanno messo poco a smentirsi. Era il mese di febbraio quando hanno tirato fuori il tappeto rosso alla Moncloa per riceve il Cardinal Bertone. La vicepresidente De la Vega aveva riconosciuto per la prima volta che la Chiesa era un interlocutore necessario per il dibattito pubblico. Si apriva una nuova stagione per le relazioni tra il Governo di Zapatero e la Chiesa cattolica? Ora possiamo dire di no. La superbia ideologica e il messianismo radicale di questo Governo lo rendono impossibile.
La cartina di tornasole per conoscere la situazione reale è stata la brutale reazione del governo alla Dichiarazione dei vescovi sulla futura legge sull’aborto. Blanco (vicesegretario del Psoe) l’ha definita ipocrita; Salgado (ministro delle Finanze) ha detto che i vescovi, come sempre, non sanno stare al loro posto; infine De la Vega ha alzato la voce per dire che ci saranno sempre settori retrogradi e reazionari che cercano di fermare il progresso e la libertà.
Nessun argomento per rispondere alle ragioni espresse in quel documento. Solo artiglieria pesante contro la Chiesa, così da intonare poi una specie di patetico “non passeranno”. È un gioco pericoloso e forse questa volta hanno passato il limite, dato che un ampio settore sociale si è sentito aggredito dalla radicalità e persino dalla grossolanità intellettuale e morale del progetto del ministro Bibiana, che sappiamo essere nient’altro che il progetto di Zapatero.
Quel che è certo è che il Governo gioca ancora a rompere la società, stigmatizzando chi si oppone con ragioni espresse pubblicamente alla sua agenda di trasformazione culturale. Invece di aprire un ampio dibattito pubblico dove convocare le diverse identità presenti nella nostra società, con una sensibilità aperta alla verità come Habermas richiamava, usa il suo rullo compressore contro chi si oppone. Un tema in cui è in gioco nientemeno che il diritto alla vita meriterebbe come minimo il tentativo di un grande patto nazionale, e non un’oscena operazione per escludere dall’ambito pubblico chi non vuole l’ingegneria sociale di questo soggetto illuminato.
Secondo quanto sentenziato dal portavoce parlamentare del Psoe, José Antonio Alonso, l’unica morale pubblica accettabile è quella costituzionale. Questa aberrazione dell’ex magistrato, compagno di banco di Zapatero, spiega molte cose. In primo luogo non esiste ciò che egli chiama “morale costituzionale”. La Costituzione è altro che un quadro giuridico per la convivenza, e non sarebbe poco che il Governo lo rispettasse, per esempio quando fa riferimento alla protezione dell’individuo non nato. Ma pretendere che gli organi politici siano fonte della morale è l’inizio del totalitarismo.
Il Psoe di Zapatero deve accettare il fatto che nello spazio aperto della nostra convivenza agiscano indentità diverse con pieno diritto a esporre le proprie ragioni, a raccontare la propria esperienza e a partecipare al dialogo pubblico. Questo è ciò che si chiama autentica laicità. Il potere politico deve assicurare e proteggere questa pluralità e non agire come un rullo omologatore. È una disgrazia che il partito che gode della maggioranza elettorale abbia scommesso su questa inquietante deriva, senza che nessuno la denunci con peso ed efficacia dalle proprie fila.